Villa Saletta: vino ed economia circolare

Il nome deriva da uno storico borgo trecentesco, Villa Saletta (provincia di Pisa), per oltre 700 ettari di boschi, ulivi, coltivazioni ma, soprattutto, vigne. Una tenuta, gestita e amministrata dal 2015 dall’agronomo ed enologo David Landini, che non si limita alla produzione di vino, ma che si occupa anche di olio, grani, erbe, frutta e ortaggi.

DAVID LANDINI

È Landini stesso che anticipa la storia della cantina: “Risale tutto al 980 d.C., data della prima traccia scritta sulla produzione enologica nella fattoria, in origine antica tenuta, tornata dal 2000 a nuova vita grazie alla famiglia Hands, attuale proprietaria, e appartenuta nel tempo a quattro grandi famiglie: Gambacorta, Riccardi, Castelli e Hands, che hanno restituito alla cantina dignità e alto livello produttivo”.

Il core business di Villa Saletta è il vino: “Attualmente sono 30 gli ettari vitati di cui 17 a regime. Le nostre uve danno vita a etichette di carattere e di identità, in cui eleganza e stile sono la nostra “cifra distintiva”, per una produzione annuale di circa 10.000 bottiglie; sono vini di alta gamma, espressione del nostro territorio, quello toscano e, nello specifico, della provincia di Pisa”.

Una cantina che si muove tra tradizione e innovazione, tenendo ben presente, date le dimensioni importanti dei vigneti di proprietà, che ogni terreno vuole scelte di vite molto precise. “A Villa Saletta – prosegue Landini – l’innovazione valorizza la tradizione, garantendo una comprensione tecnica e attuale del territorio. Permette di capire cosa un terreno e un singolo appezzamento possono produrre in maniera corretta ed è per questo motivo che, oltre alla classica varietà toscana del sangiovese, abbiamo deciso di puntare anche su altre uve come il cabernet franc, il cabernet sauvignon e il merlot, che sono in armonia con il terroir”.

Sei le diverse referenze: 980AD (100% cabernet franc), Saletta Giulia Toscana Igt (60% cabernet franc e 40% cabernet sauvignon), Saletta Riccardi Toscana Igt, (100% sangiovese), Chiave di Saletta Toscana Igt (un blend di sangiovese al 50%, cabernet sauvignon al 20%, cabernet franc al 20% e merlot al 10%), Chianti Docg (sangiovese al 94%, cabernet sauvignon e merlot, entrambi al 3%), per terminare con il Rosè Rosato Italiano (25% ciascuno di sangiovese, merlot, cabernet franc e cabernet sauvignon). Poche referenze, segnale evidente di una produzione particolarmente curata per un target così definito da David Landini: “Il 97% del nostro venduto è all’estero, ma vogliamo ridurre il gap con l’Italia, per un sogno che ci porta all’85% nei paesi oltreconfine e la restante parte, il 15%, al mercato interno e per un target medio-alto”.

Villa Saletta, oltre a vini, olio, grani, erbe, frutta e ortaggi, è un vero e proprio laboratorio “work in progress”, per un progetto di economia circolare,: “Abbiamo diversi ettari destinati a pioppeti e a erba medica per il bestiame, oltre a sorgo, orzo, masi e girasole, ma vogliamo anche coltivare erbe aromatiche, occuparci di più dei tartufi che nascono nei nostri terreni e della nostra riserva interna di caccia, anche per preservare l’ambiente”.

Una vision futura importante e a lungo termine, che porta il management di Villa Saletta a pensare anche a un’importante opera di recupero di un suggestivo borgo abbandonato di proprietà: “Saranno probabilmente cinque gli anni di lavoro per il suo completo recupero e la ristrutturazione – conclude il titolare di Villa Saletta – l’obiettivo è quello di farlo diventare, mantenendo intatta la sua struttura originaria e la sua bellezza architettonica, un resort di lusso con 43 appartamenti di circa 300 mq l’uno con spa, personale di servizio e chef privati e che comprenderà anche due ristoranti di alto livello, di cui uno aperto anche al pubblico esterno”.

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