
Storie di donne: Laura Donadoni
Concludiamo la settimana di oscarwine dedicata alle figure femminili nel mondo del vino scambiando quattro chiacchiere con Laura Donadoni, giornalista, sommelier, scrittrice e comunicatrice. Conosciuta anche come The Italian Wine Girl, la wine educator italiana con base in California è una donna del vino divisa tra due mondi.
Laura, come e quando ti sei avvicinata al mondo del vino?
“Quando ho deciso di parlare di vino, per farlo al meglio avevo bisogno di una preparazione specifica; così, ho iniziato dai corsi di formazione per conoscerlo, la sommellerie negli Stati uniti, frequentando la North American Sommelier Association, corrispettivo AIS, prendendo la WSET e poi un Master in Food & Wine Communication.”
Sommelier, scrittrice, giornalista, comunicatrice. Ci descrivi in poche parole questi tuoi quattro aspetti?
“Di fatto, non esercito la professione di sommelier, intesa come consulente per i ristoranti o lavoro al servizio del vino nei locali. Giornalista e comunicatrice sono i miei lavori da sempre, da ancor prima che mi occupassi di vino, sono la mia essenza: racconto quello che vedo, quello che percepisco nelle persone che incontro, attraverso le parole, questi podcast, insomma quelli che sono i miei talenti.”
Sei l’unica donna italiana membro dei Circle of Wine Writers di Londra. Come mai?
“Per far parte di questo circolo internazionale, bisogna scrivere in inglese ed essere giornalista e scrittrice di professione: non è sufficiente pubblicare un articolo ogni tanto mentre si fanno altre cose nella vita. I requisiti di ingresso sono rigorosi, credo di essere l’unica donna italiana probabilmente perché non ce ne sono molte che scrivono in inglese con regolarità.”
Vivi fra due mondi, Italia e Stati Uniti. A livello lavorativo, hai trovato un diverso approccio delle persone verso le donne?
“Decisamente sì. Negli Stati Uniti c’è molta più apertura nei confronti delle donne nel settore del vino; in generale mi sono sentita più a mio agio, più accolta e raramente messa in discussione. In Italia ho percepito una certa rigidità nei confronti di una donna che, per esempio, fa il giudice nei concorsi – e quindi deve esprimere il proprio parere – o che comunica il vino; è una percezione di non autorevolezza o di meno autorevolezza rispetto ai colleghi maschi. Le cose, per fortuna, stanno cambiando. Dieci anni fa, quando ho iniziato a occuparmi di vino, questo atteggiamento era più evidente; ho fiducia nel fatto che, a poco a poco, ci sarà un cambio generazionale anche nel nostro settore e che scompaiano le differenze tra Italia e Stati Uniti per quanto riguarda il ruolo delle donne nel vino .”
Si parla di quote rosa nel vino. Non reputi sia un insulto al merito delle persone, un ennesimo ghetto al femminile?
“Non ho mai sentito parlare di quote rosa nel vino. Sul tema ci sono opinioni di diverse, contrastanti: siccome il mondo del lavoro non si apre spontaneamente alle donne, in questo momento storico nelle posizioni apicali bisogna dare una spinta forzata, in attesa che le cose si livellino naturalmente. Senza questa spinta, non accadrà nulla: le donne faranno sempre fatica. Concordo sul fatto che si debba andare avanti per merito e che il genere non debba essere una discriminante, tanto per gli uomini quanto per le donne; piuttosto, si potrebbero dare aiuti alle donne che si dedicano alla famiglia in prima persona, in modo che liberino tempo ed energie per arrivare a livelli apicali senza le spinte delle quote rosa. I lavori di gestione di una casa sono quasi sempre sulle spalle delle donne e questo impedisce loro di fare carriera.”
Qual è la tua principale attività negli States?
“Aiutare le aziende italiane del settore food & wine a comunicare e farsi conoscere sul mercato attraverso divulgazione, masterclass ed eventi. Svolgo sempre un’attività giornalistica sui media a stelle e strisce e vengo invitata come giudice ai concorsi internazionali, a partecipare a eventi o tenere classi con un focus particolare sui vini e i vitigni italiani. Da qui il nome The Italian Wine Girl.”
I tuoi progetti lavorativi per il 2025?
“Sto scrivendo il mio quarto libro che uscirà a ottobre con Slow Food Editore: una collezione di storie di donne intrepide, questa volta nel mondo food e non solo in quello del vino come in quello precedente. Poi, ci sarà una nuova stagione del podcast “Pellegrini del vino”: viaggerò per l’Italia, raccogliendo storie e interviste di produttori legati a questo grande distributore. Infine, terrò corsi di formazione sulla discriminazione e la parità di genere e di leadership nelle aziende (non solo del vino) con Intrepidamente, la mia nuova attività nata dal mio ultimo libro “Intrepide. Storie di donne, vino e libertà” (trovate tutto a questo link). Non lo ho ancora comunicato nei dettagli ma, assieme a un gruppo di meravigliose donne italiane ed europee, sono riuscita a portare a casa un bando per un progetto internazionale di formazione sulla discriminazione di genere e contro la violenza sulle donne nell’ambito del vino. È un progetto molto ampio che durerà tre anni, ricerca e sperimentazione proprio nel filone a cui mi sono dedicata nell’ultimo periodo.”
Un’ultima considerazione sul mondo del vino prima di salutarci.
“Vorrei tornare sul tema delle quote rosa. Negli organismi come i consorzi di tutela si potrebbe istituire la regola per cui le donne debbano sedere nel CDA in proporzione al numero di donne produttrici presenti in quella denominazione. Così, il territorio sarebbe uniformemente rappresentato per genere: se ci sono 100 produttori e di questi 30 sono donne, almeno un 30% del CDA deve essere formato da donne. Mi sembra una cosa sensata e così enti, consorzi e associazioni potrebbero rispecchiare la realtà dei fatti, rappresentando a livello dirigenziale quanto accade nel loro mondo. Ecco, in questo senso sarei favorevole alle quote rosa.”