Professioni del vino: Marzio Pol, enologo
Veneto, classe 1955, Marzio Pol esercita da più di 30 anni la sua attività enologica come consulente – oggi come Pol&Pol insieme a suo figlio Francesco – presso diverse aziende vinicole in Veneto e nel resto d’Italia. Diplomato alla Scuola Enologica di Conegliano, docente universitario, ex presidente e socio fondatore della SIVE (Società Italiana di Viticoltura ed Enologia), ha partecipato alla redazione di numerose pubblicazioni scientifiche e continua a viaggiare tra l’Italia e l’estero per tenersi aggiornato sulle ultime novità in campo enologico.
Abbiamo incontrato Marzio in occasione di EnoConegliano, il concorso enologico riservato ai vini veneti organizzato dall’Associazione Dama Castellana e dall’Associazione Culturale EnoConegliano ETS, in collaborazione con Assoenologi Veneto Centro Orientale, giunto quest’anno alla 24ma edizione.
Come ti sei avvicinato al mondo del vino?
“Vengo da una famiglia di enologi ed è stato naturale seguire le orme di mio zio e mio fratello. Dopo il diploma ho frequentato per un anno l’Istituto Sperimentale per la Viticoltura e l’Enologia, dove ho imparato il valore della ricerca, cioè trovare soluzioni attraverso la scienza, che è tuttora il principale stimolo per la mia attività. Trascorso un periodo di formazione in Friuli, ho fatto per dieci anni il direttore tecnico alla Ruggeri di Valdobbiadene, avvicinandomi per la prima volta al mondo degli spumanti. Nel 1989 ho deciso di intraprendere la libera professione, per poter trasferire la mia esperienza e la cultura enologica a più aziende.”
Cosa caratterizza la tua attività come consulente?
“Credo che uno dei punti fondamentali sia l’aggiornamento professionale. Bisogna conoscere a fondo la ricerca nel mondo del vino, che è in continua evoluzione. Durante l’esperienza in SIVE abbiamo cercato di puntare sulla formazione e sulla divulgazione, per poter creare e diffondere una cultura enologica – nel mio caso soprattutto spumantistica – che consentisse di produrre vini sempre migliori. Queste attività sono proseguite anche con il CREA (Centro di ricerca per la viticoltura e l’enologia) e con l’Università di Padova.”
Hai scelto di non lavorare con una singola cantina. Ci sono aspetti che ti mancano di quel tipo di lavoro?
“Mi manca soprattutto l’aspetto più emotivo del lavoro in vigna, quando si crea quel rapporto speciale con l’uva. Sarà banale dirlo, ma per quanto possa essere bravo un enologo, solo con uve eccellenti si può produrre vino di qualità. Come consulente ho deciso di concentrarmi sul trasferire la scienza in cantina: è un’attività che richiede tempo, perchè l’introduzione di una nuova metodologia di lavoro è un processo complicato. Aver visitato centri di ricerca in tutto il mondo mi consente di condividere con le realtà con cui collaboro un know-how molto ampio.”
Quanti clienti riesci a seguire attualmente?
“Partiamo dal presupposto che i viaggi di aggiornamento e i convegni scientifici hanno ancora oggi la priorità. Senza questo aspetto non sarei in grado di svolgere la mia attività nel modo corretto. Cerco di programmare almeno una visita alla settimana per ogni azienda con cui collaboro, visto che le questioni da affrontare sono parecchie, dagli assaggi alle indicazioni per la vendemmia e per la conservazione dei vini. Da quando mio figlio ha iniziato a lavorare con me, riusciamo a seguire una decina di cantine in tutto.”
Qual è la sfida più grande per un enologo?
“Le sfide sono tante. Uno degli obiettivi più intriganti è quello di riuscire a trasferire una metodologia molto precisa e consolidata di lavoro mantenendo comunque l’originalità di ogni singola produzione. Per fare questo bisogna concentrarsi sull’identità del territorio, lavorando sia sugli assemblaggi che sui vigneti in purezza. Ho avuto la fortuna di poter lavorare sulla spumantizzazione in tutta Italia, dalla Sicilia all’Alto Adige, e credo sia fondamentale focalizzarsi sulla varietà.”
Difficoltà e imprevisti della tua professione.
“La passione per questo lavoro è una spinta inesauribile per affrontare le difficoltà. Ci sono ovviamente periodi come quello della vendemmia in cui siamo sotto pressione e si corre da un’azienda all’altra, ma l’esperienza consente di far sempre fronte agli imprevisti. Detto questo, gli errori e le sviste sono sempre dietro l’angolo: a volte è capitato ad esempio di accorgersi che mancassero delle percentuali di un vino dopo l’assemblaggio. Per me è quasi un sacrilegio. Dedico tempo e qualità del lavoro ai miei clienti e vorrei che la stessa qualità ci fosse in tutte le fasi della produzione.”
Per non farti mancare niente, sei anche Priore di EnoConegliano.
“Da osservatore esterno, avevo sempre apprezzato il fatto che EnoConegliano portasse i vini alla gente: dopo il concorso, i vini con i punteggi più alti erano disponibili per il pubblico nei banchi d’assaggio in piazza. Poi mi sono fatto attirare in trappola e ho accettato la proposta di collaborazione del segretario della Dama Castellana. Il significato più importante di questa manifestazione è quello di riunire i grandi vini veneti in un unico concorso. Mi piacerebbe prima o poi coinvolgere anche la produzione delle province di Verona e Vicenza per completare l’opera. La mia idea della guida, arrivata quest’anno alla terza edizione, vuole essere un ulteriore strumento per far conoscere i nostri vini al grande pubblico.”
Hai un vino del cuore? Non vale il Prosecco come risposta.
“Faccio una premessa: io amo tutti i vini. Nella mia carriera ho avuto la possibilità di lavorare su tantissime produzioni diverse e ho un grande rispetto per tutte. I miei preferiti sono due: i grandi vini rossi e i metodi classici, entrambi da invecchiamento. Sono le due tipologie che mi affascinano e mi stimolano di più.”
Che consiglio daresti a chi vuole avvicinarsi a questa professione?
“Ovviamente si parte dalla passione, ma quella non si può insegnare. Il consiglio più importante è quello di studiare, di approcciare la materia con la mente di un ricercatore: quando succede qualcosa ad un vino, bisogna capire il perchè, nel bene e nel male. Oltre allo studio, credo sia fondamentale viaggiare, per confrontarsi e per entrare in contatto con le realtà più diverse.”