Orto di Venezia, la laguna nel calice

Una bottiglia che contiene, al suo interno, una storia. Storia e bottiglia rispondono al nome di Orto di Venezia, una piccola realtà nella laguna ospitata nell’isoletta di Sant’Erasmo, più o meno settecento i suoi abitanti, per un protagonista, lucido e istrionico visionario, che risponde invece al nome di Michel Thoulouze, maturo signore francese ex manager televisivo di alto livello degli anni ’80 e ’90.

Orto di Venezia, unica cantina di tutta l’area, è la sua idea di vino su un terreno, abbandonato da un centinaio d’anni, conosciuto come il “Vitigno del Nobil Uomo”, come scritto in una antica mappa settecentesca. Thoulouze scoprì quella terra, se ne innamorò, la fece analizzare e decise di riqualificarla, per ricreare un grande terroir per il vino. Undici ettari di terra che anche i contadini locali dipingevano come la migliore non solo di Sant’Erasmo, ma di tutta la laguna.

Alcuni anni di lavoro, un’importante ristrutturazione di un vecchio rudere diventato cantina, e di consigli di nomi del calibro di Lydia e Claude Bourguignon (agronomi di Romanée-Conti), e Alain Graillot (del famoso Crozes Hermitage in Côte du Rhône) poi, finalmente, poco più di 4 ettari di vigneti, su un suolo preparato secondo il metodo tradizionale “duro su duro” (cioè senza mai arare) seminando in successione orzo, sorgo, avena, ravanello e radice cinese. Nessun intervento da parte di diserbanti, tantomeno fertilizzanti chimici, e neppure l’aiuto di un enologo: le viti a piede franco si nutrono di argilla, calcare e roccia dolomitica.

Il 2008 segnò l’uscita della prima vendemmia per una produzione, al momento, di circa 8.000 bottiglie di un importante vino bianco da invecchiamento, riconosciuto anche fuori dai confini del nostro Paese. Al di là, quindi, di diversi ristoranti di alto livello di Venezia e della laguna, Orto di Venezia è infatti presente in Inghilterra, Giappone, Corea del Sud e Francia, dove trova luogo sulle tavole dello chef Massimiliano Alajmo ed è l’unico italiano nel ristorante parigino di Alain Ducasse all’Hotel Plaza Athénée.

È un blend di tipica Malvasia Istriana, insieme a Vermentino per dare più gusto e un tocco di Fiano di Avellino, non più del cinque per cento, per aggiungere struttura. Viene vendemmiato a mano e la vinificazione avviene in modo semplice, come da suggerimento dei contadini e degli ortolani di Sant’Erasmo, lasciando fermentare il succo d’uva in modo naturale, dieci mesi in botti d’acciaio e due anni in bottiglia.

Il risultato è un bianco persistente dal colore giallo paglierino con rilessi verdognoli e sentori di frutta tropicale, miele e fiori bianchi, di buon corpo senza che perda freschezza, ricco di mineralità e sentori iodati. La spiccata acidità gli consente di affinare in bottiglia per anni. Un vino molto versatile che si sposa perfettamente con i piatti tipici della cucina veneziana come le moeche, il pesce e le verdure della laguna, oltre che con formaggi molto stagionati.

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