La nuova Sicilia del vino: Bagliesi
Inizia oggi un racconto a puntate alla scoperta di una Sicilia vitivinicola nuova e a suo modo diversa, dove l’attenzione all’ambiente si unisce alla valorizzazione del territorio e dei vitigni autoctoni di una delle regioni storicamente più prolifiche del nostro Paese. Ci accompagna in questo primo capitolo Eugenio Sciabbarrasi, anima commerciale di Bagliesi, azienda agricola biologica di Naro in provincia di Agrigento.
Partiamo dalla storia della cantina…
“L’azienda agricola nasce negli anni ’60, quando il suocero di mio suocero inizia a coltivare uva per la produzione di mosto e di vino sfuso. La cantina vera e propria viene costruita all’inizio degli anni duemila per volontà di mio suocero Vito Bagliesi (attuale titolare dell’azienda), il cui desiderio è sempre stato quello di produrre i propri vini in bottiglia. La prima vinificazione è del 2004 e l’anno successivo esce la prima etichetta. Nel frattempo viene avviata anche una ristrutturazione dei vigneti, affiancando vitigni autoctoni e internazionali, finchè nel luglio del 2018 inizia la collaborazione, che continua tuttora, con Tonino Guzzo, considerato il miglior enologo siciliano e tra i più stimati in Italia. Con lui parte una nuova fase dell’azienda, incentrata sulla produzione di uve a bacca bianca.”
Come siete strutturati attualmente?
“La nostra è un’azienda a conduzione familiare: la parte agronomica e di cantina è seguita da mio suocero e da mio cognato, mentre io e mia moglie ci occupiamo degli aspetti amministrativi e commerciali. Oltre all’enologo ci sono altri collaboratori che ci aiutano saltuariamente, ma il management rimane tutto a livello familiare.”
Dove si sviluppano i vostri vigneti?
“Noi siamo nel territorio della Strada del vino della Valle dei Templi, che escludendo la zona di Pachino e Avola, è considerato il cuore del Nero d’Avola siciliano. A Naro, dove c’è anche la cantina, abbiamo circa 20 ettari vitati, mentre altri 5 si trovano a Ravanusa. Entrambi i terreni sono intorno ai 350 metri sul livello del mare e sono di origine calcareo-argillosa. A Ravanusa i vigneti sono esposti completamente a sud, con un terreno leggermente inclinato, idoneo per la produzione di uve a bacca rossa come nero d’Avola e syrah, mentre quelli di Naro sono più pianeggianti.”
Come si lavora con l’agricoltura biologica oggi, anche in relazione ai cambiamenti climatici?
“Non usiamo nessun tipo di sostanza chimica in vigna, ma solo zolfo e rame in bassissima quantità e arriviamo al massimo a una decina di trattamenti l’anno. Nei filari utilizziamo il sovescio, con il favino e altre leguminose che vengono poi trinciati e riciclati come concime organico. In cantina lavoriamo con la tecnica del freddo e per quanto riguarda i solfiti ci manteniamo intorno al 50% della soglia consentita nel biologico, che è di 100 mg/litro per i rossi e 150 per i bianchi. Abbiamo anche un’irrigazione di soccorso che utilizziamo solo per alcuni vigneti nelle giornate più calde dei mesi estivi.”
Quali sono i vostri numeri attualmente?
“Oggi siamo intorno a 75mila bottiglie annue, con un rapporto tra bianchi e rossi di circa 2 a 1. Con la produzione attuale, che comprende anche il vino sfuso, si potrebbe arrivare fino a 200mila. Attualmente abbiamo un trend di crescita di 20-25 punti l’anno. Il nostro mercato di riferimento, con circa il 75% delle vendite, è quello siciliano. Il resto è suddiviso tra Italia e estero, principalmente Germania. Anche l’export è in aumento, grazie a nuove collaborazioni con Stati Uniti, Hong Kong, Olanda e Belgio.”
Facciamo una panoramica sulle referenze…
“Le etichette sono 13: cinque bianchi, cinque rossi, due frizzanti e uno spumante. Tra i bianchi, che fanno tutti solo acciaio, i numeri più importanti sono quelli del Grillo e dello Scialusu (blend IGT Terre Siciliane), con il Catarratto in continua crescita. Per quanto riguarda i rossi, i due cru affinano 12 mesi in barrique di primo, secondo e terzo passaggio, mentre gli altri tre riposano in botti grandi vecchie almeno 10 anni, quindi con una cessione piuttosto leggera.”
Ci racconti i vostri prodotti di punta?
“Perla è uno spumante metodo italiano fatto con il catarratto, uva tipica siciliana particolarmente adatta alla spumantizzazione grazie all’acidità abbastanza alta. È un vino profumato, con sentori di frutta molto netti (basti pensare che è stato selezionato per una masterclass a Spumantitalia dal titolo “il frutto nel bicchiere”) e grande freschezza e bevibilità. Devo dire che ci sta dando belle soddisfazioni. Terre di Totò è il nostro Grillo 100% (vitigno bianco forse più rappresentativo della Sicilia oggi), che ha un trend di crescita strepitoso anno dopo anno. Il rosso che ci rappresenta di più è sicuramente il Nero Saraceno, Nero d’Avola in purezza che riposa 12 mesi in botte piccola e viene prodotto con le uve della tenuta di Ravanusa, curate in maniera quasi maniacale pianta per pianta, con bassissima produzione. Anche il Maior, blend di Merlot e Petit Verdot, sta avendo un ottimo riscontro sia in ambito nazionale che internazionale.”
Progetti per il futuro?
“Il nostro focus, come dicevamo prima, è sicuramente quello di convertire tutta la produzione per arrivare alle 200mila bottiglie l’anno, mantenendo l’attuale fascia di mercato medio-alta. Per fare questo, vorremmo ampliare l’area di stoccaggio, avere qualche autoclave in più per la spumantizzazione e completare la zona di vinificazione con altre presse per la lavorazione delle uve bianche sotto azoto. L’altro grande progetto è la ricerca di un’autonomia energetica nel rispetto dell’ambiente, puntando quindi sul fotovoltaico.”
State curando molto la comunicazione, con un’identità grafica forte e riconoscibile. Come è nata questa scelta?
“Insieme alla ristrutturazione agronomica ed enologica, nel 2018 abbiamo avviato anche un restyling completo dell’immagine aziendale: logo, etichette e packaging. L’idea era quella di valorizzare l’originalità e l’artigianalità dei nostri prodotti, l’attenzione minuziosa al lavoro in vigna e in cantina e il legame con il territorio. Su tutte le nostre etichette abbiamo inserito una riproduzione in chiave moderna della maiolica siciliana in monocromia, quindi ognuna con un proprio colore, per renderle immediatamente riconoscibili. Per le scatole è stato utilizzato lo stesso criterio: la texture rimane uguale e variano i colori in base alla tipologia di vino. Devo dire che siamo molto soddisfatti del risultato e abbiamo ricevuto apprezzamenti anche da diversi addetti ai lavori.”
Chiudiamo con una considerazione sull’ultimo Vinitaly. Com’è andato per voi?
“Siamo tornati a Vinitaly dopo diversi anni di assenza con uno stand all’Organic Hall, che ci sembrava il padiglione più indicato per una realtà come la nostra. Abbiamo raccolto diversi contatti e stiamo lavorando per chiudere accordi e iniziare nuovi rapporti di lavoro con importatori stranieri e distributori nazionali. Il riscontro in generale è abbastanza positivo e sicuramente l’anno prossimo cercheremo di ritornare, sempre al Vinitaly Bio.”