Health warnings: la filiera del vino riunita dice no
Quando organizzi un evento, parlarne potrebbe sembrare autoreferenziale. Dipende da cosa si dice. Il convegno “Health warnings: la filiera del vino sotto attacco”, tenuto ieri alla Camera dei deputati e moderato dai colleghi di Fortune Italia, è stato un esempio di buona comunicazione. Istituzioni, designer, esperti di comunicazione, giornalisti, medici, produttori di vino e avvocati specializzati nel diritto d’autore si sono incontrati per spiegare perché la decisione dell’Europa di permettere all’Irlanda di legiferare autonomamente sulle etichette di vino, apponendovi sopra avvisi sanitari, è un grosso errore.
Sia chiaro che ancora non sappiamo esattamente quanto spazio questi avvisi occuperanno sulla bottiglia ma, come si dice, prevenire è meglio che curare e proprio da questo tema siamo partiti. Personalmente, ho raccontato il fallimento del proibizionismo negli Stati Uniti, della legge asciutta russa e delle sue varie incarnazioni (ben quattro) che hanno portato a una crescita degli affari della criminalità organizzata, ai prodotti fatti in casa (quante persone morirono consumandoli?), alle crisi economiche legate al divieto di vendita di prodotti alcolici e, nel caso dell’ex Unione Sovietica, addirittura a rivolte. Ovviamente proibire del tutto non è il nostro caso ma bisogna partire dal presupposto che per ottenere un risultato serve la cultura, non un no o una comunicazione sbagliata come, per trovare un esempio più vicino al nostro caso, quello degli avvisi e delle foto sui pacchetti di sigarette che, oggi possiamo dirlo, non hanno sortito alcun effetto. Perché il tema vero, nel caso del vino, non è tanto quello della salute ma quello del consumo. La legge irlandese nasce per contrastare l’alcolismo, i ban sulla salute di certo non raccontano questo ma altro.
Che l’etanolo faccia male non lo nega nessuno e, a dimostrazione che il mondo del vino accetta questo fatto, ieri era presente il professor Giacomo Mangiaracina, presidente dell’Agenzia nazionale per la prevenzione, che ha spiegato l’importanza degli stili di vita corretti, ricordando che “La scienza della prevenzione deve armonizzarsi con la scienza della promozione, per parlare un linguaggio onesto e condiviso proteso alla riduzione del rischio. È ora di uscire da inutili polemiche o di nutrire atteggiamenti screditanti nei confronti della ricerca scientifica. È ora di sedersi attorno ad un tavolo per un confronto tecnico che non sia dogmatico o viziato da pregiudiziali.”
A quel tavolo ieri erano sedute istituzioni e produttori, come Lorenzo Cesconi, presidente di FIVI – Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti: “Gli obiettivi di salute pubblica sono condivisibili ma la soluzione non può essere questa. Il vino, per sua caratteristica, viene bevuto in modo misurato e consapevole mentre molti alcolici sono consumati per il semplice obiettivo dell’ebrezza, facile e a basso costo: risolviamo questo paradosso e raggiungeremo gli obiettivi di promozione della salute, valorizzando una cultura millenaria.”
Il consumo consapevole fa parte del patrimonio culturale italiano, parliamo di appena duemila anni. Basti pensare che per un periodo non si allungava il vino con l’acqua (chi ha fatto studi classici ricorda il tema) ma si faceva il contrario perché era l’acqua non particolarmente buona o salubre.
A proposito di buono e salubre, Pasquale Diaferia, Creative chairman di Special Team (per farla breve, molti degli spot più famosi che avrete visto in televisione negli ultimi 30 anni nascono dalla sua creatività), al termine di un lungo excursus che ha ricordato che “Intervenire sulle etichette significa danneggiare una politica che i produttori, grandi e piccoli, hanno affidato allo strumento di comunicazione e branding.” e, dopo aver parlato di bottiglie e brand iconici che potremmo riconoscere senza fatica visto il grande lavoro di creatività alle loro spalle, ha sottolineato che “In Francia è stato adottato un piccolo promemoria sulle confezioni di alcuni prodotti e al termine degli spot, soprattutto di prodotti non ideali per la linea: mangia meglio, muoviti di più. Ovviamente l’idea ha funzionato senza messaggi terroristici o allarmistici.”
Però, un allarme c’è, ed è quello di una filiera che potrebbe essere colpita (produttori di vetro, di carta, stampatori, creativi, produttori e tanti altri) e che l’onorevole Andrea di Giuseppe, imprenditore con una ventennale esperienza di promozione del Made in Italy all’estero, ha stigmatizzato così: “Quello che è successo in Irlanda se non fosse tragico sarebbe comico, perché non è assolutamente possibile. In altri Paesi per situazioni meno gravi ci sarebbe stato un boicottaggio dei consumatori ai danni dei prodotti irlandesi.” L’invito del deputato non è stato ovviamente al boicottaggio ma ha spiegato che gli health warnings “Rischiano di essere un cavallo di Troia per colpire altri prodotti italiani. L’Irlanda fa concorrenza sleale col silenzio assenso di una parte dell’Europa.”
Sulla stessa linea anche il vicepresidente del Senato Gian Marco Centinaio (organizzatore dell’evento assieme a oscarwine e all’onorevole Di Giuseppe): “Quanto sta realizzando il governo dell’isola di smeraldo con la complicità silenziosa della Commissione Europea, è un attacco commerciale vero e proprio, mascherato dal nobile intento di tutelare la salute, senza tenere conto né del grado alcolico dei prodotti (il vino non può essere paragonato ai superalcolici consumati maggiormente in Nord Europa), né delle quantità assunte.”
I due politici hanno invitato il parlamento all’unità bipartisan per trovare alleati in altri Paesi europei e impedire che tutto il continente approvi simili provvedimenti.
In realtà, abbiamo ancora tre anni, fino al 2026, per risolvere la situazione, come ha spiegato l’avvocato Francesca Boschiero dello studio F-Legal, esperta di diritto d’autore e d’immagine. “Il diritto d’autore riguarda la tutela di tutti gli elementi creativi: le aziende investono in questo. A livello internazionale, bisogna verificare e capire fino a che punto possono essere imposte queste etichettature dal legislatore senza interferire nell’esercizio col diritto di proprietà intellettuale. Credo che il tema della proprietà intellettuale nel settore vitivinicolo sia particolarmente interessante e ancora poco esplorato, soprattutto se applicato a contesti che implichino la necessità del bilanciamento di interessi rilevanti come quello della salute e della tutela del diritto industriale.”
Nell’oscurità, la luce arriva dove vivono persone abituate a muoversi nel buio: i non vedenti. Pietro Monti dell’azienda agricola Roccasanta ha ideato un’etichetta in braille con un QR Code che contiene informazioni sul prodotto: “Io sono cieco, non vedo i colori ma sento i profumi e i sapori. Di un vino non posso leggere l’etichetta ma il QR Code potrebbe servire tanto a me quanto a chi non sa niente del vino, non credete? L’inclusività riguarda i non vedenti e chi non ha conoscenza del prodotto. Vorrei etichette chiare per tutti e senza allarmismi.” Scherzando ha poi ricordato che “Le degustazioni al buio sono le più temute perchè prive di condizionamenti.”
Al termine della giornata, è arrivato l’annuncio che oscarwine, assieme al senatore Centinaio e all’onorevole Di Giuseppe, porterà questo evento in altre piazze d’Italia per far conoscere la problematica, discuterne con più realtà vitivinicole produttive, raccogliere le richieste della filiera e fare cultura.
Alla prossima.