Gualdo del Re e il suo Merlot da collezione
Una storia semplice. È il titolo di uno splendido romanzo di Leonardo Sciascia, ma è anche il percorso di Gualdo del Re, cantina maremmana di vini di alta qualità sita a Suvereto, un piccolo comune medievale chiuso ad anfiteatro dai colli che dominano la parte centrale della Toscana, a pochi chilometri dal mare, di fronte l’Isola d’Elba.
Una storia semplice, dicevamo, raccontata attraverso le parole di Nico Rossi, il proprietario dell’azienda vinicola: “Tutto è iniziato nel 1953 con mio nonno: è stato lui a fondare la cantina. Successivamente è subentrato mio padre che mi ha passato il testimone negli anni ’80; da allora il timone è nelle mani mie, di mia moglie Teresa e della mia famiglia”.
Il nome Gualdo del Re è particolare e inconsueto: a cosa si deve questa scelta?
“È il risultato di un sondaggio fatto durante una delle più importanti feste di paese della nostra zona. Dovevamo e volevamo trovare un nome per la cantina e per la nostra linea di vini. Tra le varie proposte scegliemmo Gualdo, un nome storico che deriva dal tedesco wald, foresta, un luogo di particolare bellezza”.
Quello di Gualdo del Re è un percorso aziendale di sviluppo e strategia che ha portato anche all’apertura di un agriturismo e di un ristorante…
“Li abbiamo inaugurati nel 2004: tutto è nato dalla presenza di un casolare all’interno di un terreno che avevamo acquistato. Abbiamo voluto allargare il nostro concetto di convivialità andando oltre la produzione di vino: 9 appartamenti e un ristorante legato alle ricette della tradizione locale accolgono i nostri ospiti e completano idealmente la nostra idea di accoglienza e di socialità”.
Torniamo al vino. Diamo un po’ di numeri, tra ettari vitati ed etichette?
“Gli ettari di vigneto, su terreni di natura ciottolosa, argillosa e a bassa fertilità, sono ad oggi 25; di questi il 70 per cento a bacca rossa e i restanti a bacca bianca, mentre le etichette sono in tutto dieci, tra rossi e bianchi per una produzione variabile a seconda degli anni, ma attestata ormai su numeri superiori alle 100.000 bottiglie”.
Vini di alta qualità e pluripremiati, che hai voluto naturali, evitando il più possibile interventi chimici.
“Le viti vengono allevate nelle forme tradizionali, a guyot e cordone speronato, con una bassissima carica di gemme per ettaro, con processi di lavorazione eseguiti manualmente, utilizzando solo prodotti organici, senza quindi concimi chimici e diserbanti. In più, tutte le nostre etichette sono vinificate in purezza”.
L’ultimo nato nella famiglia Gualdo del Re si chiama Quintorè: un Merlot “purosangue”.
“È forse l’espressione più alta del nostro Merlot: 18 mesi in barrique con un affinamento in bottiglia di 12 mesi per delle sensazioni, all’olfatto e al palato, di marasca, ribes nero e mora e con tannini rotondi e vellutati per un finale, in bocca, molto lungo.”
Veniamo a “Progetto f”. Un nome, ancora una volta, inconsueto e decisamente originale: qual è il suo significato?
“F per me vuol dire famiglia, F però è anche l’iniziale dell’inglese “five”, la quinta generazione di Gualdo del Re, e per F inizia la parola fiasco, quello iconico del chianti toscano, conosciuto in tutto il mondo”.
“Progetto f” racchiude un’idea ambiziosa, originale ed elitaria. Ce la racconti?
“Non più di 2000 bottiglie del nostro miglior Merlot, custodite in un nostro caveau, che vengono personalizzate con un numero, scelto dal cliente, e da un’eventuale frase, nome o dedica che viene incisa al momento della prenotazione. Non c’è nessuna etichetta, per dare a chi lo sceglie un vino esclusivo, unico e del tutto personale”.
Immagino che un concept di questo livello richieda bottiglia, tappo e packaging con standard altrettanto elevati…
“… e del tutto diversi dal solito, per forme, dimensioni, scelte grafiche e colori, realizzati apposta per “Progetto f”. La bottiglia, sinuosa ed elegante, è stata creata appositamente da una delle migliori vetrerie di Murano, il tappo è stato realizzato in Portogallo. Anche il packaging risponde al criterio dell’esclusività: un unico blocco di frassino lavorato a mano dai colori caldi e tenui. Il risultato? Un must da collezione unico e assicurato da eventuali difetti di fabbricazione”.
Tiriamo le somme. Quali sono i sogni nel cassetto di Gualdo del Re? Idee e progetti futuri?
“Per ora, e non è poco, proseguire nel nostro percorso di produzione di vini di alto livello, se possibile alzando l’asticella: di sicuro non vogliamo grandi numeri né volumi per garantire sempre standard elevati, senza stressare i nostri vitigni nè impoverire la terra. Qualità, nella vite e in bottiglia, anche a scapito della quantità”.