Degustazioni? Fidiamoci del naso, non dell’etichetta
Qualche tempo fa, un amico mi chiese: “Qual è la migliore associazione di sommelier?” Conosco tanti bravi professionisti in tutte le associazioni e ho avuto il piacere di incontrarli agli eventi in giro per l’Italia o di lavorare direttamente con loro, scegliendo quelli che ritenevo più validi o facendomi consigliare da questi ultimi su loro eventuali sostituti. Ci sono poi altre associazioni di assaggiatori ugualmente valide, ma qui il discorso si allargherebbe troppo e comunque metterebbe a confronto realtà profondamente diverse.
Venendo al punto, non credo negli assoluti, a meno che non si parli di quale squadra di calcio è nata prima a Roma o dei risultati dell’atletica leggera dove cronometri e metri non lasciano dubbi sui vincitori (sorvoliamo sul doping, che lasciamo in questa parentesi senza aprirne una ad hoc). Inoltre, cosa significa “la migliore”? Per i servizi? Per i corsi di formazione dei sommelier? Per gli eventi organizzati? Sono discorsi – irrispettosi nei confronti di tanti bravi professionisti – che non mi piacciono e che lascio a chi abbia voglia e tempo di farli.
Piuttosto, i consigli che mi sento di dare agli amici che si stanno avvicinando a questo mondo o che sono diventati da poco sommelier sono: studiate, assaggiate, frequentate eventi, visitate le cantine e fidatevi del vostro naso, come diceva il compianto professor Giovanni Russo, mio maestro quasi 25 anni fa ai corsi AIS.
Era il lontano 2000 e ci trovavamo assieme a una degustazione di vini francesi (non vi dirò mai dove). All’assaggio di un noto rosso transalpino il panico: il prodotto che doveva essere splendido, meraviglioso, incommensurabilmente buono era sulla soglia della potabilità. Intorno a me, giubilo, gioia, grande soddisfazione per quella delizia francese. Sconfortato, andai dal professor Russo, dicendogli che probabilmente avrei dovuto esercitarmi di più, dato che non ero riuscito a cogliere cotanta meraviglia alcolica, anche se ero sicuro del mio giudizio. Mi rispose con un larghissimo sorriso e poche parole: “Continui così, a fidarsi del suo naso, non degli entusiasmi altrui.” Per sbaglio era stato servito un altro rosso, lontano anni luce dall’etichetta dei sogni annunciata.
Per me fu un grande incoraggiamento a continuare a studiare e ho fatto di quell’insegnamento una mia regola: nel caso di dubbi, mi confronto sempre con gli altri. Bastano, infatti, un leggero raffreddore o altre situazioni per modificare il giudizio su un vino. Altre volte, invece, possiamo essere condizionati dall’etichetta: leggiamo un grande nome e il nostro giudizio rischia di essere influenzato. Può succedere a tutti.
A tal proposito, ricordo una degustazione di vini toscani. Il responsabile dell’evento, un appuntamento per pochi, ci disse che avrebbe nascosto le etichette, chiedendoci di valutare i vini senza sapere cosa ci avrebbero servito. Ad aiutarlo una sommelier che, prima ancora di dirci il suo nome, si presentò elencando una serie di diplomi, attestati, corsi di formazione e altro al punto che, ci fossimo trovati qualche anno fa, avrei pensato di avere davanti Daenerys della Casa Targaryen, “Nata dalla tempesta”, la Prima del Suo Nome, Regina degli Andali, dei Rhoynar e dei Primi Uomini, Signora dei Sette Regni, Protettrice del Reame, Principessa di Roccia del Drago, Khaleesi del Grande Mare d’Erba, “la Non-bruciata”, “Madre dei Draghi”, Regina di Meereen, “Distruttrice di catene”.
Ci vennero serviti due bianchi, il primo notevolmente superiore al secondo, visti il colore e i profumi. Non lo avessimo mai detto. La sommelier che sapeva cosa ci avevano servito, iniziò a elogiare il secondo vino, elencando alcuni profumi improbabili: mancava solo il glicine sottovento al tramonto ma non del tutto sera. A questo punto, una ragazza dello staff venne a scusarsi perché aveva invertito per sbaglio l’ordine di servizio. Imbarazzo della sommelier ed elenco di scuse stile Jake dei Blues Brothers davanti alla ex fidanzata abbandonata sull’altare: non mi sono sbagliata, dico sul serio; oggi ho fumato dopo tanto tempo; sono un po’ raffreddata; ho preso un caffè prima della degustazione e così via. Mancavano solo le cavallette. Così Daenerys della Casa Targaryen si trasformò in un attimo in “Pdor! Figlio di Kmer, della tribù di Istarr! Della terra desolata del Kfnirr! Uno degli ultimi sette saggi: Bvururr, Ghaner, Astaparing, Ezuzar, Parahn, Fususs e Taring! Eh?! Pdor! Colui che era, colui che è stato e colui che sempre sarà…ciucia chi e ciucia là…eh? Pdor! Colui il quale ha inseguito e ha sconfitto i demoni Semm, che ora vagano per il mondo domandandosi: “ma numm, chi Semm?”
Non dubito che quella sommelier fosse molto preparata, ma credo che conoscere la sequenza dei vini l’abbia condizionata nel suo giudizio, creando quel momento di imbarazzo.
Prima di preoccuparci senza motivo degli altri, pensiamo alla nostra preparazione, studiamo, facciamo pratica sul campo e, come diceva il professor Russo, fidiamoci del nostro naso e non dei nomi…e come urla Checco Zalone “umiltà”. Vale per tutti noi.