Bussoletti e il Ciliegiolo: riscoprire il territorio

“Vitigno con grappoli lunghi e radi, il granello grasso più peloso che ogni altra sorte di uve che siano, il sapore suo è dolce e odorifero e così rende il vino; fa bene in paesi e terre calde”. Le parole, della fine del ‘500, si devono a Giovan Vettorio Soderini (agronomo famoso per il suo “Trattato della coltivazione delle viti, e del frutto che se ne puô cavare”) e si riferiscono al Ciliegiolo, vino dalla storia antica, quasi dimenticato e abbandonato.

LEONARDO BUSSOLETTI

Un vitigno a bacca nera del centro Italia, che da qualche tempo sta ritornando a nuova vita e notorietà, grazie a produttori coraggiosi, determinati e profondamente legati al proprio territorio e alla sua cultura enologica. Leonardo Bussoletti, vignaiolo in Narni, è proprio uno di questi, quello che forse più di tutti ha voluto far sue le potenzialità di un’uva particolare, quasi fuori dal coro per dei vini, i suoi, indissolubilmente legati alla sua terra d’origine.

È una sfida che rasenta l’azzardo, quella di recuperare e valorizzare il meglio della tradizione vinicola umbra che nel caso della cantina ternana presenta, oltre al Ciliegiolo, anche Trebbiano Spoletino e Grechetto: quattro rossi, tre bianchi e un rosato per una produzione annua che si attesta intorno alle 80mila bottiglie.

Di azienda, produzione, territorio, iniziative e futuro parliamo direttamente con Leonardo, proprietario della casa vinicola.

Come e quando è nata la tua azienda?
“È iniziato tutto nel 2004, quando ho deciso per pura passione di salvare e recuperare il Ciliegiolo. Ho avviato un progetto con l’Università di Milano, selezionando una trentina di biotipi e scegliendone successivamente uno per la riproduzione. Sono partito con poco più di un ettaro di vigna (ad oggi quelli vitati sono 9 – ndr), per giungere, nel 2009, alla produzione delle prime bottiglie”.

A proposito di date, anche quella del 2019 è significativa…
“È l’anno della costruzione della nuova cantina. L’ho voluta per avvicinare ancora di più clienti, partner e wine lovers ai miei vini, per instaurare un rapporto più vicino e diretto, per far vivere un’emozione diversa, meno distaccata, più intima”.

Il core business aziendale è il Ciliegiolo: ne tracciamo una carta d’identità?
“E’ il vino che più rappresenta il nostro territorio e fa parte della nostra storia, è elegante, delicato e versatile, con un tannino mai invadente, e si può abbinare sia agli antipasti che alle carni saporite; leggermente fresco è perfetto anche con il pesce dei laghi della nostra regione. Ma è allo stesso tempo un vitigno antico, precoce, complicato da vinificare, che va curato con attenzione e cura”.

I tuoi sono vini profondamente identitari, quasi di nicchia geografica: qual è il tuo mercato?
“Più del 60% della produzione è destinato all’estero, soprattutto Stati Uniti, ma anche Cina, Giappone e i principali paesi europei. La mia ambizione, sempre più, è quella di far uscire le mie etichette dei confini nazionali”.

La cantina è certificata biologica: una scelta professionale o personale?
“Siamo nati biologici per entrambi i motivi, anche se le mie referenze per molto tempo non ne hanno portato la certificazione: volevo che chi li bevesse lo facesse unicamente per scelta di gusto. In più le nostre vigne, su terreni anche lontani diversi tra loro, sono circondate da fitti boschi. Non c’è quindi bisogno di colture intensive né di approcci chimici”.

Torniamo al vino, soprattutto al Ciliegiolo: non ne sarai certo l’unico produttore in questa zona. Ci sono delle differenze “strategiche” rispetto ai tuoi colleghi?
“Si, ci sono: siamo ormai più di dieci aziende a produrlo, ma se per le altre è soltanto una delle varie referenze, per me il Ciliegiolo rappresenta in tutto e per tutto la mia azienda”.

La tua azienda va oltre la produzione di vino: ci parli del progetto Ciliegiolo for Art?
“Stiamo recuperando e risanando il chiostro, rimasto chiuso per oltre 30 anni, di una delle chiese più antiche di Narni, quella di Sant’Agostino. Nelle sue cantine invecchiano le annate del mio vino: in cambio con i ricavi delle vendite del Ciliegiolo 05035 mi occupo del restauro delle 33 lunette del chiostro (l’acquisto della bottiglia rende i clienti partecipi del progetto: il QR Code posto nella retro etichetta permette di seguire l’avanzamento dei lavori). Una lunetta restaurata ogni anno, per restituirne bellezza e fruizione a tutti noi”.

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