Belluzzo, qualità dai Colli Orientali

La famiglia Belluzzo produce vino a Tarcento, nei Colli Orientali del Friuli, da tre generazioni ma solo dal 2015 ha iniziato a mettere la propria etichetta su questi prodotti. Abbiamo incontrato Luca Belluzzo, giovane enologo ed erede della tradizione tramandata dal padre Graziano e dal nonno Marco, che ci ha raccontato la storia della sua cantina.

LUCA BELLUZZO

Luca, parlaci della tua azienda.
“È una piccola cantina familiare del Friuli Venezia Giulia che produce vino da più di 50 anni, nella parte più a nord dei Colli Orientali. Da 2,5 ettari circa di vigneto produciamo al massimo 6.000 bottiglie all’anno: solo le migliori annate escono sul mercato, con bottiglie per la maggior parte numerate. Tutta la gestione della campagna e della vinificazione in cantina è improntata sul massimo rispetto della natura e del consumatore finale; non tutte le annate raggiungono un livello di eccellenza qualitativa: in questi casi scegliamo, per etica professionale, di non uscire sul mercato con i prodotti che non soddisfano i nostri standard.”

In quale zona avete le vigne?
“A Tarcento, una zona dal grande potenziale viticolo-enologico, dove si riscontrano le più alte escursioni termiche (durante la stagione vegetativa della pianta) fra giorno e notte di tutto il Friuli enologico. Dal punto di vista microclimatico, è un’area fresca che regala alle nostre uve una maturità lenta e lunga in grado di esaltare le caratteristiche migliori del nostro terroir.”

Quali uve coltivate?
Verduzzo friulanofriulano, sauvignon, merlot, cabernet franc, refosco dal peduncolo rosso. La superficie vitata si divide in un 35 % di uve a bacca bianca e un 65% di uve a bacca nera.”

Che peso ha il terroir sui vostri vini?
“È uno dei punti di forza della nostra piccola realtà: sei vigneti crescono su altrettanti terroir completamente diversi, con esposizioni al sole che permettono di garantire una varietà qualitativa importante alla nostra azienda. Alcune zone vengono lavorate esclusivamente a mano perché, a causa delle pendenze elevate, il trattore non può venirci. Qui, per esempio, il terreno ha un 33% di argilla che conferisce ai vini maggior opulenza e densità di beva; un altro vigneto storico aziendale si trova su un altopiano collinare, su un terreno a medio impasto con tendenza al limoso e leggermente calcareo che conferisce ai vini grande eleganza e finezza. La nostra fortuna poi, è quella di possedere per la maggior parte vigneti sopra i 50 anni d’età.”

Una volta mi hai detto che piuttosto che fare un vino scadente, preferisci saltare un annata.
“La nostra filosofia aziendale ci impone di lasciare un bel ricordo alle persone che berranno i nostri vini. Preferiamo saltare un’annata se non siamo al 1000 per cento convinti del prodotto. E poi io sono pignolo di natura.”

GRAZIANO BELLUZZO

Qual è il vostro top di gamma, il prodotto più apprezzato dal pubblico?
“Le nostre selezioni, le annate migliori, vini autentici, schietti, senza fronzoli, come mio padre, titolare della cantina e tuttofare aziendale. Forse il prodotto più ambito e più ricercato è proprio “Graziano”, il vino che ho dedicato a lui, un Refosco dal peduncolo rosso, selezione di un vigneto storico che esce sul mercato quattro anni dopo la vendemmia. Lo stile è francese riadattato a Tarcento…perché non esiste vino senza il suo terroir. È il nostro vino nel quale riverso sempre tantissime energie perché non voglio deluderlo, non a caso esce sul mercato raramente. Poi, ci sono il Soleva, dedicato a mia sorella che ci ha lasciati pochi anni fa, e l’Aurum, un Verduzzo dolce, estremo, nato per spiazzare chiunque lo assaggi.”

Sul mercato estero come vi posizionate? Quali sono i vini più apprezzati fuori dai confini?
La maggior parte della produzione viene venduta in Italia; all’estero siamo sbarcati in Corea del Sud, Belgio, Austria e Germania ma, vista la produzione limitata, venduta nell’arco di pochi mesi, non abbiamo abbastanza bottiglie per affacciarci su certi mercati. Per ora, va bene così.”

Se potessi, quale vitigno aggiungeresti a quelli che coltivate?
Preferisco dare fiducia alle nostre viti e varietà piantate da secoli a Tarcento piuttosto che pensare di trarre giovamento da varietà che con noi non hanno niente a che fare, per storia e per affinità col territorio.”

Raccontaci un aneddoto legato al tuo lavoro.
“Ne ho uno simpatico che fa capire come si ragionava qualche anno fa e come si pensa adesso in azienda. Ogni anno, quando vado in vigna a fare il diradamento dei grappoli sulle nostre viti, se l’annata sembra essere molto produttiva sono costretto a dire a mio padre di non lavorare in quel vigneto: soffrirebbe nel vedere i grappoli tagliati buttati a terra.”

Sei enologo, cosa ne pensi di una certa tendenza a produrre vini “ruffiani”? Non si rischia un’omologazione del gusto?
“Sono d’accordo con te. Io personalmente sono sempre stato contrario a questa pratica anche se ancora la gran parte delle persone li apprezza. Nel momento in cui un consumatore alza l’asticella e inizia a bere vini più importanti, più rispettosi del terroir e dell’annata, cambia tutto. I vini ruffiani sono più facili come approccio per un neofita o un non intenditore di vino. In ogni caso vedo che i gusti negli ultimi anni sono cambiati: si cerca emozione, non omologazione.”

Un desiderio per la ripartenza.
“Che tutti gli italiani abbiano compreso l’importanza della famiglia, del tempo dedicato alle persone a noi vicine e a noi care; spero che la gente si sia resa conto di quanto vale un minuto dedicato e non regalato: la vita va vissuta a pieni polmoni usando la testa ma anche il cuore. Mi auguro che vedano il bicchiere mezzo pieno piuttosto che mezzo vuoto…perchè il calice è lo stesso, ma si vive molto meglio.”

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