Anime e vino: Conan, Licia, Zambot e i giganti

Torniamo nel mondo degli anime per vedere le apparizioni del vino nei cartoni animati.

L’ATTACCO DEI GIGANTI

Apriamo con “L’attacco dei giganti” (Shingeki no kyojin), adattamento televisivo diretto da Tetsurō Araki (ha firmato anche Death Note) del manga scritto e disegnato da Hajime Isayama che, per quest’opera, si ispirò a un aggressione subita da un ubriaco. Nonostante l’ispirazione, i protagonisti non sono persone alticce ma giganti che aggrediscono, apparentemente spinti dalla fame, gli esseri umani che vivono dentro al Wall Maria, ultima città degli uomini costituita da mure concentriche all’interno delle quali vive la popolazione.

L’ambientazione è nel medioevo di un mondo alternativo ma, nonostante questo, non manca il vino. Nel primo episodio vediamo alcuni membri del Corpo di Guarnigione, i soldati a difesa delle mura, bere allegramente mentre, nella puntata 72 (I bambini della foresta), il protagonista è il vino che si rivelerà fondamentale per spiegare uno dei misteri della storia. Quando si dice “In vino veritas”.

Butcher

Rimaniamo sui toni tragici de “L’attacco dei giganti” e facciamo un salto indietro nel tempo fino al 1978, anno della messa in onda di Zambot 3, anime robotico firmato da Yoshiyuki Tomino (l’inventore di Gundam solo per citare uno dei suoi lavori), l’uomo che ha rivisto il concetto di bene/male nei cartoni animati, rendendoli credibili, più “adulti”, carichi di significati che vanno oltre il banale concetto di bianco e nero.

Come in altri anime degli anni ’70, la Terra è attaccata dagli alieni – non fatevi ingannare, la cosa non è così semplice – guidati da Butcher (letteralmente “il macellaio”), un extraterrestre con la passione per il fumo e il cibo terrestre. In uno degli episodi, con la scusa di un brindisi, riesce a far prigionieri i rappresentanti dei governi terrestri. Curiosità: Butcher è un robot come Roboleon di Daikengo ma entrambi bevono vino come fossero esseri umani. Bizzarrie degli anime.

Anacleto Marrabbio

A proposito di bizzarrie, nel 1985 faceva la comparsa su Italia 1 un cantante biondo dal ciuffo rosso che stupì i giovani telespettatori dei tempi con questa capigliatura fuori dal comune. Lui era Mirko (Go Kato in giapponese), l’anime Kiss Me Licia (“Amami cavaliere”).

La storia d’amore fra Mirko e Luciana, detta “Licia” (non era meglio il nipponico Yaeko?) coinvolse così tanto il pubblico italiano – non quello nipponico, tanto che l’anime fu interrotto senza un vero finale – che ebbe un seguito live action tutto tricolore interpretato da Cristina d’Avena.

Il padre di Licia, Anacleto Marrabbio (Shigemaro Mitamura), ha un ristorante dove cucina okonomiyaki, trasformate (sigh) in polpette nella versione italiana. Ovviamente, come da tradizione, non manca mai il sakè.

Conan e Lana

Chiudiamo con Conan (Mirai shōnen Konan), anime firmato da Hayao Miyazaki e Isao Takahata – fondatori del pluripremiato Studio Ghibli – tratto dal romanzo “The incredible tide” di Alexander Key. Nonostante la drammaticità della storia – l’umanità è stata quasi interamente sterminata in seguito alla terza guerra mondiale, durante la quale l’asse terrestre si è spostato e le acque hanno sommerso quasi tutte le terre emerse – Miyazaki riesce a dare leggerezza ma soprattutto a trasmettere un senso di speranza, dando vita a uno degli anime più belli di sempre, anche se inizialmente fu un flop.

Uno dei temi è quello della mancanza di cibo, della mancanza di prodotti sani (quasi tutte le piante e le specie animali sono scomparse a causa dell’apocalisse elettromagnetica); mangiare è un problema, tranne ad High Arbor, un’isola dove gli abitanti vivono in simbiosi con la natura. Poteva mancare il vino? No. La vite è sopravvissuta e durante le feste e a casa un buon rosso non manca.

Alla prossima.

つづく

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