Alfonsina: “Historia Antiqua”, donna moderna
“Quote rosa” è un termine odioso, che fa tristezza, sbandierato orgogliosamente da politici e imprenditori uomini – e purtroppo anche da alcune donne – come se fosse una conquista sociale mentre si tratta di una concessione in termini di posti di lavoro (non sempre importanti) o presenze, non necessariamente prestigiose, in ambienti prevalentemente maschili.
Le quote rosa ad Alfonsina Cornacchia, responsabile commerciale e pubbliche relazioni della cantina Historia Antiqua, fanno un baffo, che ovviamente non ha. Brillante, decisa, architetto con due Master in progettazione europea, madre di tre figli, Alfonsina gestisce con piglio deciso la cantina di famiglia, fondata dai genitori Michele Cornacchia e Margherita De Iorio, portando avanti il suo lavoro al tavolo da disegno.
“La cantina – racconta l’architetto Cornacchia – si trova in Irpinia, a pochi chilometri da Avellino. I vigneti appartengono alla nostra famiglia dall’Ottocento. Nel 1994 è nata la società produttrice di vini che, a seguito di una ristrutturazione aziendale, nel 2006 è diventata Historia Antiqua. A questo punto, io e mio fratello Carmine, che avevamo svolto due percorsi di vita professionale lontani dal vino, ci siamo stretti all’azienda di famiglia, mettendola in primo piano rispetto alle nostre attività professionali personali. Non ho però abbandonato il lavoro da architetto che continuo a svolgere.”
Una giornata intensa quella di Alfonsina, che inizia presto e termina a notte inoltrata: “La mattina sono operativa molto presto e nella pausa pranzo torno a casa per fare mangiare i miei figli al ritorno da scuola: primo, secondo e contorno, non uno spuntino. Poi scappo a lavoro per tornare a casa la sera dopo aver fatto la spesa. Film e divano? No. Parlo con i ragazzi, discutiamo di cosa hanno fatto durante la giornata e, magari verso la mezzanotte, riesco a vedere un telegiornale.”
Una giornata intensa con un focus importante sulla cantina di famiglia. I vini di Historia Antiqua sono dei classici della zona: Aglianico, Fiano, Coda di volpe, Falanghina e Greco di Tufo. “Abbiamo 10 ettari di oliveti e 35 di vigneti – spiega Alfonsina – che ci permettono di produrre 120.000 bottiglie l’anno, di cui 15.000 di Taurasi e altrettante delle DOCG Greco e Fiano. Non mancano le bollicine: con l’Aglianico produciamo un brut e un rosè.”
Il problema, ora, è l’emergenza Covid-19 che sta dando un duro colpo alle cantine. “Possiamo parlare tranquillamente di dramma se non di ecatombe – sottolinea la manager campana – Il canale Ho.Re.Ca. è fermo e di conseguenza il prodotto vino, legato a questo settore. Noi, per fortuna, siamo riusciti a esportarne una parte negli Stati Uniti ma bisogna ragionare su come affrontare il futuro. Il vino è vivo, va curato, controllato. In azienda, nel rispetto delle norme, non ci siamo mai fermati, il problema è che si è quasi fermato il mercato. Bisogna farlo ripartire.”
Per farlo, si parla di vendemmia verde… “Non ci sono decreti, né soldi per poter pensare a una vendemmia verde – tuona Alfonsina – Noi cantine siamo figli di un dio minore. Un prestito bancario? Vogliamo parlare della burocrazia? Avete visto gli interessi? Le aziende per ripartire hanno bisogno di un fondo perduto per coprire le spese vive. Il 31 maggio è arrivato e a fine mese tutti noi dovremo pagare alcuni balzelli congelati per il coronavirus senza aver guadagnato per due mesi.” “Chi prende decisioni – continua – deve capire che il nostro settore è collegato, se viene meno un pezzo si scatena un effetto domino. La cantina è il tassello di un mosaico economico: ferma la ristorazione, i vini non si venderanno, tappi e bottiglie non si acquisteranno e verrà giù un intero sistema.”
Guai, poi, a citarle la distillazione come altra soluzione alla crisi: “Se parliamo della produzione di distillati, della quale già ci occupiamo, confermo che proseguiremo a farla; se si intende la distillazione per ottenere alcol denaturato, dico che è un abominio, un oltraggio a vitigni importanti: non produrrei alcol da pochi euro con un Aglianico col quale imbottigliamo un ottimo Taurasi.”
All’architetto Cornacchia non manca di certo il carattere, fondamentale per una donna che lavora al sud, dove una mentalità vecchia di secoli preferisce ancora il termine ‘sesso debole’: “Per una donna, in base a vecchi standard, ricoprire un ruolo da manager al meridione non sarebbe la normalità: molti uomini non la considererebbero un fatto normale. Bisogna combattere con pregiudizi radicati, dimostrare sempre le proprie abilità. Quando si parla di decidere cosa mettere in un catalogo, gli uomini pensano che le donne abbiano buon gusto e lasciano spazio; quando si tratta di altro, devi fare il doppio della fatica di un uomo per convincere che sei una persona capace.”
E c’è ancora chi lo chiama ‘sesso debole’…