Filippo Solari, da oste di successo a vignaiolo
Filippo Solari è cresciuto nell’accogliente trattoria di famiglia, respirando l’atmosfera rurale di un ambiente che da anni costituisce un ritrovo per gli abitanti del paese e uno dei più rappresentativi punti di riferimento dell’enogastronomia territoriale. Il locale prende il nome dalla piccola frazione Trinità del comune di Vernasca, un pugno di case nel cuore della lussureggiante Val d’Arda piacentina a un paio di chilometri dall’incantevole borgo medievale di Vigoleno.
Nelle due sale recentemente ammodernate grazie a un funzionale e luminoso restyling degli spazi, Filippo in sala e il fratello Cristian in cucina perpetrano la tradizione di famiglia con lo stesso entusiasmo dei genitori. Famoso per la croccante e succulenta interpretazione del pollo fritto, il ristorante è recentemente salito alla ribalta con una premiata versione degli anolini piacentini, proposti in brodo di terza con un cremoso ripieno di parmigiano reggiano in tre consistenze.
Insieme ai parenti più stretti, nel 2014 Filippo ha deciso di fondare la Cantina La Margherita, spinto dalla volontà di valorizzare i vigneti storici di famiglia in chiave innovativa, ma in rispettosa continuità con il percorso enologico tracciato negli anni Sessanta dall’antenato Franco Mangiavacca. Siamo andati a trovarlo in trattoria e, davanti a un sontuoso tagliere di Crudo di Parma stagionato 30 mesi, abbiamo scambiato quattro chiacchiere su questa esperienza, assaporando i vini della sua tenuta.
Da oste a vignaiolo: quali sono state le principali sfide della nuova avventura?
“Produrre vino mi ha fatto capire quanto lavoro sia necessario per realizzare prodotti di qualità. La principale sfida è stata – e rimane tuttora – la capacità di dimostrare che il nostro territorio può esprimere straordinarie eccellenze.”
Quanto è stata utile in questo percorso la cultura enologica maturata nell’attività di ristorazione? Vi siete ispirati a qualche produttore in particolare?
“La cultura enologica che ho raffinato in osteria si è dimostrata determinante. Conoscere e assaggiare i vini di tutti i territori ed essere ogni giorno a contatto con la clientela è fondamentale per capire le tendenze del mercato e i gusti dei consumatori. Nella nostra avventura vitivinicola non ci siamo ispirati ad un produttore in particolare, ma abbiamo preferito trarre stimoli sia da singole esperienze che da territori diversi. In particolare, abbiamo sposato fin da subito una filosofia di massimo rispetto del territorio, comprendendo che l’uva di qualità resta condizione imprescindibile per ottenere vini eccellenti. Ecco il motivo delle scelte “bio”: agricoltura integrata, raccolta manuale dei grappoli con trasporto in cassette e massimo rispetto del mosto anche nell’invecchiamento in cantina grazie a un utilizzo ponderato di botti in legno e cemento.”
Metodo ancestrale e metodo classico convivono nell’attuale gamma degli spumanti aziendali. Raccontaci la vostra filosofia sul tema.
“Il metodo ancestrale fu scelto per la produzione del nostro primo vino frizzante: l’Incanto e il Divino “sur lie” suggellano oggi il perfezionamento dei metodi di produzione adottati inizialmente nella nostra azienda. Nel tempo abbiamo affinato queste antiche pratiche tradizionali con l’introduzione e il graduale affiancamento di tecnologie moderne. Il metodo classico è una conquista recente e rappresenta la naturale evoluzione delle nostre esperienze di successo nell’affinamento sui lieviti con rifermentazione spontanea in bottiglia senza sboccatura.”
Quali effetti sta producendo il cambiamento climatico sulla viticoltura locale e quali sono le vostre ricette per minimizzare i relativi impatti?
“Il cambiamento climatico è purtroppo una variabile che sta condizionando sempre di più il lavoro quotidiano. La siccità, in primis, è una problematica preoccupante e in progressiva estensione. Fortunatamente i vigneti storici dell’azienda, forti di impianti vecchi di oltre cinquant’anni, hanno sviluppato nel tempo un elevata capacità di adattamento alle continue mutazioni climatiche. Inoltre, coadiuviamo la salubrità dei terreni e delle piante adottando la tecnica dell’inerbimento in vigna con sovescio di vario tipo che favorisce il mantenimento di un ideale equilibrio di umidità, fertilità e contrasto naturale alle malattie. Quando impiantiamo nuovi vigneti peraltro scegliamo con attenzione cloni di vitigni adatti e resistenti alle crescenti avversità.”
Ordunque, veniamo ai vini. Un caratteristico Ortrugo frizzante dagli intensi profumi di fiori di campo ed erbe selvatiche introduce due aromatiche Malvasie frizzanti, a loro volta secche e realizzate con metodo charmat, tra le quali svetta la selezione Atzè che accentua i croccanti sentori di frutta bianca dell’etichetta base con un perlage più fine e persistente. La Malvasia di Candia è protagonista anche di una versione ferma e secca, Le Baccanti, nome evocativo delle paradigmatiche fragranze floreali e speziate di questa inebriante varietà locale.
Storico cavallo di battaglia aziendale realizzato con le migliori uve bianche autoctone, l’Incanto Sur Lie regala invece un bouquet più complesso in cui petali di rosa, salvia e nettarina si avvicendano su una trama sapida e molto rinfrescante. Gli risponde il Divino Sur Lie, consolidato assemblaggio di Barbera e Bonarda, un vino asciutto e fruttato dal prorompente colore violaceo e dall’irresistibile sorso goloso.
A fianco di una amabile e poco alcolica Bonarda Colli Piacentini, la batteria dei rossi annovera tre esemplari espressioni di Gutturnio: il vivace e silvestre Frizzante, il succoso e amaricante Superiore e la più tannica e corposa Riserva Il Dormiglione, un elegante concentrato di fiori scuri, piccole bacche rosse e spezie dolci.
Chiudiamo la degustazione in grande spolvero con l’assaggio dei due nuovi pregevoli spumanti metodo classico. Il classico blend di Chardonnay e Pinot Noir scolpisce il profilo carezzevole dell’armonioso e strutturato PerFili (l’epiteto è un riconoscente tributo dei soci alla determinazione del nostro intervistato), mentre la Barbera in purezza impone al PerFili Blanc de Noirs un passo agile e scattante che ne esalta i nitidi e incisivi sapori di lampone e fragolina di bosco.
La cantina produce anche una sorta di esotico e spensierato Moscato, il Dolce-mente, ottenuto tramite arresto della fermentazione del mosto di grappoli del vitigno autoctono Moscatella al raggiungimento di 4,5 gradi alcolici.