Oscarwine: non c’è due senza tre
Non amo i compleanni, festeggio a malapena il mio e una delle poche cose che apprezzo dei genetliaci sono le bollicine per brindare. Sarà per questo motivo che ho fondato oscarwine e non un sito dedicato ai dolci o alla gastronomia. Nonostante la mia avversione verso torte e candeline, per la terza volta mi trovo a scrivere l’editoriale sul nuovo anniversario del sito e, vista la statistica negativa al momento di sorteggiare a chi spetti farlo, inizio a credere che Ivan, Giulio e gli altri compagni di viaggio ogni anno mi rifilino l’incombenza con qualche subdolo trucco.
Non c’è trucco e non c’è inganno invece su quanto avviene in casa oscarwine. In questi momenti si rischia di essere autoreferenziali e di incensarsi, per questo motivo lasciamo parlare gli altri. Negli ultimi 24 mesi, dopo lo stop forzato per la pandemia, siamo stati chiamati a partecipare ai principali eventi di settore in tutta Italia, intervenendo anche a una tavola rotonda del Masaf a Vinitaly e prima ancora coinvolti in alcune iniziative della sua precedente incarnazione, il Mipaaf. Uno dei principali motivi di alcuni di questi momenti è stata la nostra battaglia sugli Health Warnings, gli avvisi sanitari che l’Irlanda vorrebbe apporre sulle etichette di vino, birra e alcolici, reputando che questo salvi i giovani dall’alcolismo. Crediamo nel consumo consapevole, riteniamo giustissima la lotta all’abuso ma pensiamo che la strada da percorrere sia diversa perché non si può criminalizzare un prodotto – e di conseguenza una filiera e una cultura – per risolvere un problema.
Abbiamo poi continuato i nostri viaggi per l’Italia alla ricerca di piccole realtà, di espressioni del territorio, di quei vitigni autoctoni che in bottiglia si trasformano in vini che ti emozionano e ti fanno esclamare “è valsa la pena di stapparla.” Così nascono alcuni dei nostri pezzi, da vini che ci scatenano qualcosa dentro, che sono lontani dall’omologazione (che in alcuni casi nasce dalle richieste del mercato), che meritano di essere raccontati. Raccontiamo quelli che ci piacciono, senza dare voti, e preferiamo non parlare di altri che, come ci è capitato, potrebbero solo aver bisogno di qualche mese in più in bottiglia per essere pronti: la storia del brutto anatroccolo vale anche per il vino.
Ogni anno ringrazio chi lavora per regalarci queste emozioni: coltivatori, enologi, proprietari delle cantine, distributori, venditori, enotecari e ristoratori. Di ognuno di loro scriviamo qualcosa, nelle storie di vino di oscarwine. Un grazie anche a tutti gli amici e a chi ogni anno ci aiuta a farlo crescere, da chi ci scrive a chi lo legge, passando per tutti gli amici della filiera del vino che ci sono vicini, senza dimenticare Giulio, che è con noi ma al virtuale continua a preferire il mondo fisico, il lavoro in regia e sul campo dell’infaticabile Ivan, che da tempo minaccia di licenziarmi dimenticando che oscarwine è una democrazia basata sulla mia dittatura, e Fabio, scomparso anni fa nei meandri di una cantina e non ancora recuperato. Sappi che ti stiamo cercando…
Slainte!