Storie di donne: Ottavia Giorgi di Vistarino
Anche quest’anno abbiamo deciso di celebrare la Giornata internazionale dei diritti della donna a modo nostro, senza auguri o mimose, ma dedicando l’intera settimana dell’8 marzo a una serie di incontri con le protagoniste femminili del mondo del vino. La prima a raccontarsi a oscarwine è Ottavia Giorgi di Vistarino, erede della “dinastia del Pinot Nero” e titolare della storica cantina di famiglia a Rocca de’ Giorgi, nonchè Vicepresidente del Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese.
Iniziamo dalla tua storia personale.
“Il mio è un caso un po’ particolare, perchè sono stata lontana dall’azienda di famiglia fino ai 25 anni e ho iniziato a interessarmi al mondo del vino durante la preparazione della tesi di laurea in Economia, specializzandomi in marketing del settore vitivinicolo. Contemporaneamente al mio ingresso in cantina ho fatto un Master in enologia e viticoltura curato da Attilio Scienza con l’Università di Milano, che ha definitivamente acceso la mia passione per la degustazione, la territorialità e il mondo enologico in generale. Quando sono entrata in Conte Vistarino, il mio entusiasmo da neofita tutta teoria e zero pratica si è scontrato con una realtà produttiva di stampo prettamente agricolo, ancora ferma agli anni ’70. Ci sono voluti vent’anni di lavoro, partendo dalla gavetta fino ad arrivare a prendere in mano la gestione, per trasformare quella che era quasi una cantina sociale privata in un’azienda da etichetta, focalizzata sulla valorizzazione dei vigneti di proprietà. Le piccole produzioni di vini del territorio che avevo iniziato quasi per gioco, oggi sono diventate il core business aziendale.”
Come è stato accolto il tuo approccio “moderno” dalla famiglia?
“Con mio padre, che era del ’29, c’è stato un forte conflitto generazionale. Lui era già troppo anziano per voler cambiare le cose mentre io, nata nel 1976, ero troppo giovane per essere in grado di farlo da sola. Questa grossa differenza ha sicuramente giocato a sfavore, ma ho avuto anche la fortuna di poter conoscere un mondo del vino che non c’è più, che rappresenta la storia della famiglia e dal quale si possono ancora trarre insegnamenti importanti.”
Qual è la tua attività principale in azienda oggi?
“Per sentirmi più leggera ogni tanto faccio ancora finta di essere una semplice dipendente, ma in realtà da quando è mancato mio padre a giugno dell’anno scorso sono proprietaria dell’azienda e il mio compito principale è quello di prendere le decisioni e tenere la barra dritta, e cerco di farlo con coerenza. Qualche anno fa abbiamo creato una squadra che condividesse la nostra visione e abbiamo iniziato un percorso, fatto di sacrifici e di investimenti, che sta portando i risultati sperati: nonostante la crisi finanziaria e la pandemia, stiamo tenendo botta.”
Oltre a questo, c’è anche il tuo ruolo nel Consorzio.
“Ogni tanto mi verrebbe da dire ‘Ho già il mio lavoro in azienda, chi me lo fa fare?’, ma poi prevale il senso del dovere sociale: se tutti ragionassimo così, nessuno farebbe niente e poi ci lamenteremmo delle cose che non funzionano. Il primo anno di lavoro nel Consorzio è servito come conoscenza, per creare unione tra le varie componenti. Ora è arrivato il momento di formare una cultura da trasmettere a tutti i soci, una cultura fatta di qualità, di zonazione, di comunicazione di livello. In poche parole, c’è da lavorare tanto, per fare quello che in Oltrepò non è mai stato fatto: dare valore al territorio e trasmetterlo al pubblico nel modo giusto.”
Con “Oltrepò Terra di Pinot Nero” state dando un segnale forte. È un caso che venga dalle donne?
“Le donne hanno la caratteristica di essere delle rompiscatole e in questo caso calza a pennello, perchè la perseveranza per ottenere certi risultati viene proprio da un gruppo di donne, tutte focalizzate sulla produzione di Pinot Nero di qualità, che sono, oltre la sottoscritta, Valeria Radici di Frecciarossa, Francesca Seralvo di Tenuta Mazzolino e Cristina Cerri Comi di Tenuta Travaglino, alle quali si è unita Caterina Cordero, che appena arrivata dal Piemonte ha subito creduto nel progetto. Siamo tutte donne con cantine e proprietà immobiliari importanti, che sanno fare due conti e hanno un’idea precisa del vino, che deve valorizzare il territorio nel vero senso della parola. Non vogliamo creare un’alternativa al Consorzio, abbiamo dato un segnale e cercato di far capire quale dovrebbe essere la strada da seguire. L’iniziativa ora deve diventare consortile, per coinvolgere tutti i produttori, a patto che rispettino le regole: deve vincere la qualità, senza favoritismi e scelte strategiche di nessun tipo.”
Le donne del vino hanno davvero una marcia in più?
“L’altro giorno un importante distributore di vini mi ha detto che secondo la sua esperienza le donne nel mondo del vino rendono particolarmente bene, sono molto portate, e non posso che convenire con lui. Forse il motivo è che bisogna muoversi su più fronti: devi avere una buona conoscenza dei mercati, cavartela con la contabilità, conoscere l’enologia e la viticoltura, saper parlare le lingue. Insomma, l’abitudine femminile ad essere multitasking aiuta non poco. Non sono femminista e secondo me la competenza alla fine vince sempre a prescindere dal genere, ma potrei fare tantissimi esempi di grandi donne che ho incontrato in questo settore: Marilisa Allegrini, Angela Velenosi, Gaia e Rossana Gaja, Chiara Soldati, Nadia Zenato, Albiera Antinori, Pia Berlucchi, Giovanna Prandini. E sicuramente ce ne sono tante altre.”
Come donna hai mai incontrato difficoltà in questo settore?
“Io sono stata fortunata, perchè l’epoca in cui era imbarazzante per una donna lavorare nel mondo del vino secondo me è finita: ricordo scene poco edificanti diversi anni fa, ma le cose da allora sono molto cambiate. Oggi se vuoi emergere devi giocarti la carta della competenza, devi fare qualità ed essere credibile. Negli ultimi trent’anni si è formata una cultura del vino che ha fatto da filtro a certi personaggi e certi atteggiamenti.”
Hai un consiglio per le giovani donne che vogliono entrare nel mondo del vino?
“Il mio consiglio è quello di essere preparate e determinate. Il mondo del vino non è un lavoro ma uno stile di vita: devi sentire quell’amore che ti porta a non guardare l’orologio e a vivere questa realtà con passione anche nel tempo libero, che si tratti di scegliere una bottiglia di vino al ristorante, visitare una cantina o leggere un libro sull’argomento. È un mondo regolato da dinamiche che dall’esterno possono sembrare assurde e poco comprensibili: se vuoi farne parte devi tuffarti in una cultura molto profonda, devi sentirlo addosso come una seconda pelle.”