Sulle strade del Tour: i Pirenei

Il Tour ha sempre festeggiato con tappe spettacolari la festa nazionale di Francia e l’edizione 2021 non fa eccezione. Sedetevi comodi in poltrona e degustate con noi questo trittico niente male sui Pirenei. Oggi, dopo il giorno di riposo, si riparte con la sedicesima tappa: Pas de la Case – Saint-Gaudens, 169 chilometri con quattro GPM: Col de Port (2ª categoria) dopo 50 chilometri poi Col de la Core (1ª), Portet-D’Aspet (2ª) e poi la minuscola Cóte d’Aspret-Sarrat (800 metri all’8,4%) a sette chilometri dall’arrivo. Pas de la Case è località turistica della Parrocchia di Encamp in Andorra, prima volta come sede di partenza di una tappa. Saint-Gaudens, nella Sottoprefettura dell’Alta Garonna, è già stata 19 volte sede di tappa: 9 arrivi e 10 partenze. È una delle città dei Pirenei il cui nome è più familiare agli appassionati di ciclismo. Qui nel 1955 Louison Bobet conquistò quella maglia gialla che avrebbe indossato fino a Parigi vincendo il suo primo dei tre Tour consecutivi. Saint-Gaudens mancava al Tour dal 2014, sede di partenza per la tappa che si concluse a Saint-Lary-Soulan vinta dal polacco Rafal Maika.

NAIRO QUINTANA

Mercoledì 14 si andrà da Muret al Col du Portet (Saint-Lary-Soulan), 178 chilometri con arrivo in salita. È l’opposto della frazione del giorno prima: 113 km in pianura, poi la giostra: Col de Peyresourde (1ª categoria), Col de Val-Louron-Azet (1ª) e arrivo in cima al Col du Portet (HC, hors catégorie) per un totale di quasi 40 chilometri di salita. Muret, nella Sottoprefettura dell’Alta Garonna, è citta di tappa per la seconda volta. Saint-Lary-Soulan è il Comune degli Alti Pirenei nel cui territorio c’è il Col du Portet. Più nota, ovviamente, come stazione turistica invernale, è sede di tappa per la 12ª volta. L’ultima, nel 2018 viene ricordata per il successo di Nairo Quintana dopo la tappa brevissima di 65 km che partì da Luchon su una griglia di partenza disegnata come quella dei Gran Premi di F1. Ovviamente, dopo venti metri, i corridori erano già tutti assieme. Qui il belga Lucien Van Impe pose le basi per la vittoria finale del Tour 1976 e per la maglia a pois (primo tra gli scalatori) nel 1981.

Giovedì 15 diciottesima tappa, Pau – Luz Ardiden di 129,7 chilometri. Frazione breve e per niente facile nel quart’ultimo giorno di corsa. Inizialmente piatta, con due collinette di quarta categoria, la tappa si anima a partire dal chilometro 77 e resta durissima fino alla fine. Da Sainte-Marie-de-Campan il tracciato propone il Col du Tourmalet, 2115 metri d’altitudine, l’unica asperità sopra i duemila metri, cima più alta di questo Tour e perciò dedicata a Jacques Goddet: sono 17,1 chilometri al 7,3% di pendenza media. Quindi lunga discesa fino a Luz-Saint-Sauveur e infine salita finale (Hors Catégorie 13,3 km al 7,4% medio) fino a Luz Ardiden. Pau, capoluogo della Prefettura dei Pirenei Atlantici e capitale del Béarn, sarà città di tappa per la 73ª volta, una storia iniziata nel 1930. Collocata in posizione strategica al centro dell’anfiteatro pirenaico, si presta a molte soluzioni per l’arrivo. L’elenco dei vincitori è lungo e variegato: uomini completi come Fausto Coppi  e Sean Kelly; scalatori come René Vietto; velocisti come Erik Zabel Robbie McEwen. Nel 2019 proprio a Pau è stato celebrato il centenario della comparsa della Maglia Gialla e ai francesi non parve vero che a vincere la cronometro individuale fosse uno di loro, Julian Alaphilippe, per altro già primo in classifica. L’anno scorso, Pau è stata sede di partenza della tappa verso Laruns, dove Tadej Pogacar ha conquistato la sua prima vittoria di tappa nella Grande Boucle: ne sarebbero seguite altre due, insieme alla vittoria finale.

LEMOND E HINAULT

Luz-Ardiden è una piccola stazione turistica degli Alti Pirenei. Il Tour ritorna a fare tappa quassù (1720 metri d’altitudine) dopo dieci anni. Nel 1985, durante la tappa vinta qui da Pedro Delgado, ebbe luogo il primo atto del “passaggio di consegne” tra Bernard Hinault e Greg LeMond, compagni di squadra. Hinault puntava a vincere il quinto Tour (come soltanto Jacques Anquetil ed Eddy Merckx erano riusciti a fare), ma colto da bronchite, si era trovato in grande difficoltà nell’ultima salita e si salvò proprio grazie all’aiuto del compagno. Per ringraziare l’americano, che avrebbe potuto sfilargli il simbolo del primato e vincere quel Tour, Hinault promise che lo avrebbe aiutato a vincere la Grande Boucle l’anno successivo, e mantenne fede alla sua promessa. Nel 1990 a Luz-Ardiden tappa a Miguel Indurain con Claudio Chiappucci che riuscì a mantenere la maglia gialla per soli 5 secondi di vantaggio su uno scatenatissimo Greg LeMond, che poi superò l’italiano nella cronometro individuale della penultima tappa.

 

VARIETÀ AUTOCTONE E METODI ANCESTRALI

Scivolando su tutto l’arco pedemontano, il vigneto pirenaico del versante francese può essere considerato una propaggine della Linguadoca nella meridionale Côtes du Roussillon che si affaccia sul soleggiato golfo del Leone e un’estensione dell’Aquitania atlantica nella vocata area compresa tra Pau e Oloron-Sainte-Marie in cui si produce il più conosciuto Jurançon. Nonostante ciò il patrimonio ampelografico del territorio è scandito dalle varietà autoctone catalane dove prevalgono significativamente quelle a bacca bianca che meglio si adattano alla viticoltura impervia d’alta collina.

ROUSSILLON

L’azienda biologica Domaine des Demoiselles, forte di vigneti storici coltivati vicino a Perpignan su spettacolari terrazzamenti a picco sul Mediterraneo, sintetizza al meglio il dinamismo dei vini secchi naturali che da sempre caratterizzano lo stile produttivo dei Pirenei orientali. Il Côtes Catalanes Pierre de Lune, da assemblaggio paritetico di Marsanne e Muscat à petits grains, è un bianco sapido e fruttato pervaso da una affumicata vena minerale. L’esuberanza della Grenache Blanc e Gris impone invece al Côtes du Roussillon Les Pierres Blanches penetranti ed evoluti sentori di pietra focaia e macchia mediterranea, stemperati dalla brezza marina del minoritario Macabeu. Più sottili ed eleganti, gli Jurançon si caratterizzano invece per gli aromatici bouquet di fiori bianchi, miele e frutta candita. Il fiore all’occhiello della regione è rappresentato dalla produzione di vini dolci e il Banyuls è rinomato in tutto il pianeta per la vocazione elettiva ad accompagnare il cioccolato in tutte le sue declinazioni.

MAURY

Maury, piccolo comune abbarbicato sui Pirenei Orientali a nord-ovest di Perpignan, battezza una singolare e poco conosciuta denominazione di vini dolci naturali fortificati con aggiunta di alcol nella lavorazione e prodotti con un processo inizialmente identico a quello del Porto, ovvero con l’arresto di fermentazione del mosto che però viene poi trasferito in damigiane di vetro lasciate all’aperto sotto il sole per un anno. La forzata ossidazione favorita da tale affinamento modifica le caratteristiche sensoriali dell’uva grenache, predisponendola ad affrontare il successivo riposo – anche di decenni – in botti di rovere da 350 hl. La maturità aromatica del prodotto finale è strabiliante e l’esperienza gustativa inconfondibile. La densa trama rubino scuro con riflessi mogano della versione Vintage della cantina Mas Amiel affinato in legno per soli dieci mesi introduce un naso di rara complessità in cui fichi e datteri si fondono a caffè e mallo di noce. Sapori di prugna, ciliegia e frutta candita scivolano sulla lingua in un sorso mai stucchevole grazie alla notevole carica acida e alle note balsamiche di menta e liquirizia che man mano si fanno largo. Il formidabile e lunghissimo finale deterge infine il palato con ulteriori ricordi di tabacco e cacao.

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