La proprietà (intellettuale) del vino
“Il vino è la parte intellettuale di un pasto“, diceva Alexandre Dumas padre, grande scrittore e gastronomo.
Negli ultimi anni il binomio tra il vino e l’arte, e con esso il legame con la proprietà intellettuale, si è consolidato ed è stato declinato in varie direzioni: le cantine hanno coinvolto brand designer nell’ideazione del nome dei vini, artisti nella creazione delle loro etichette, architetti nella progettazione dei luoghi della produzione.
Per non citare che alcuni esempi, in Piemonte la decorazione di una vecchia cappella che sorge in mezzo ai vigneti di una grande azienda vitivinicola è stata affidata agli artisti Sol LeWitt e David Tremlett; nei pressi, la stessa proprietà ha fatto realizzare “l’acino”, una grande bolla ovale sospesa tra le piante di vite, agli architetti Luca e Marina Deabate. In Umbria lo scultore Arnaldo Pomodoro ha creato l’intera struttura produttiva di un’azienda nella forma di un carapace, accanto a un lampo rosso che svetta sui profili dolci delle colline.
Il contributo degli artisti alla creazione delle etichette è più risalente: quelle di uno degli Chateaux più prestigiosi di Francia sono state firmate fin dal 1924 da artisti come Dalì, Mirò, Picasso, Bacon, Warhol, Haring, Braque, fino a Jeff Koons. In Italia ci sono etichette di Chianti classico disegnate da Yoko Ono e Mimmo Paladino e di grandi piemontesi create, tra gli altri, da Pasolini, Oliviero Toscani e Renzo Piano.
Anche i nomi dei vini sono spesso frutto della creatività di artisti e designer, noti o meno noti. In questo senso la tutela offerta dalle norme di proprietà intellettuale, sia sotto il profilo del diritto d’autore che del diritto industriale, riveste un ruolo strategico per salvaguardare l’investimento creativo dell’azienda e quindi il suo patrimonio immateriale.
Se alle utilizzazioni delle opere dell’arte o dell’architettura si applicano le norme di diritto d’autore, le privative sui nomi sono regolate dalle norme di diritto industriale relative ai marchi. Nel caso di committenze da parte delle aziende produttrici ad artisti o creativi per l’illustrazione di etichette o la progettazione di spazi, i diritti di sfruttamento e di utilizzazione economica devono essere garantiti in capo alle aziende. Diverso il caso in cui vengano riprodotte o utilizzate opere d’arte già esistenti. In questa ipotesi i produttori devono richiedere il consenso all’autore delle opere, se ancora in vita, ovvero ai suoi eredi, se non sono trascorsi settant’anni dalla morte dell’autore stesso. In ogni caso, saranno dei contratti a regolare i rapporti tra le parti.
Per quanto riguarda le privative industriali, i marchi costituiscono un aspetto indispensabile della pianificazione commerciale di un’azienda: può essere registrato come marchio il nome del vino, ma anche la stessa bottiglia o il suo imballaggio, se muniti dei requisiti del marchio di forma. Non solo il marchio consente all’azienda di contraddistinguere i propri prodotti differenziandoli da quelli di altre imprese, ma costituisce un efficace strumento di comunicazione.
Se i requisiti per la registrazione di un marchio sono sempre quelli della novità, della capacità distintiva e della liceità e sono uguali per tutti, è spesso la giurisprudenza a cogliere le peculiarità di un determinato settore e a tradurle in decisioni importanti per le aziende e le loro strategie commerciali. Così, nel 2016, la Corte di Cassazione ha stabilito che nel settore vinicolo il patronimico non ha un valore distintivo sufficiente ad escludere che altri ne facciano uso, per cui non costituisce violazione l’uso di un cognome già registrato come marchio se preceduto da un nome di battesimo e unito a un elemento grafico. In questo caso, è la singolarità del settore ad aver determinato la minore valenza distintiva del patronimico, in ragione della nutrita presenza di imprese facenti capo a soggetti omonimi che utilizzano il proprio nome come ditta o marchio.
È evidente che, in generale, l’uso nell’attività di produzione vinicola di segni distintivi, individuali o collettivi, delle etichette e del packaging costituiscono efficaci strumenti per la valorizzazione del prodotto. In tal senso una gestione informata della proprietà intellettuale e una consulenza calibrata sulle specifiche esigenze del produttore possono costituire un valido ausilio per la migliore conduzione dell’impresa.
L’avvocato Francesca Boschiero è partner dello Studio F Legal