Gli antichi vitigni di Vigne Chigi
Giuseppe Chillemi è un avvocato con la passione del vino e un grande amore per la sua terra, il casertano. È qui, sui terreni di famiglia, a Pontelatone, nell’antica baronia di Formicola, che nel 1995 ha trasformato l’amore per la vite e le tradizioni locali in un’azienda: Vigne Chigi.
“È stato un richiamo ancestrale – spiega Chillemi – il legame mediterraneo con la vite era fortissimo. Così ho deciso di utilizzare i terreni di famiglia per produrre vino, utilizzando due straordinari vitigni autoctoni, il Casavecchia e il Pallagrello, capaci di creare vini inconfondibili e di grande personalità.”
I vini prodotti da questi due vitigni, il primo a bacca rossa, il secondo a bacca sia rossa che bianca, erano così apprezzati dai Borbone che Ferdinando IV ordinò di inserirli in due dei dieci raggi della spettacolare “Vigna del ventaglio” progettata da Luigi Vanvitelli alle spalle della Reggia di Caserta, dove erano ospitate le migliori varietà di vite coltivate nel Regno delle Due Sicilie.
“Abbiamo voluto valorizzare due grandi vini autoctoni – ricorda Chillemi – legati alla nostra storia. Infatti, per le etichette abbiamo scelto di utilizzare immagini di cani per i quali Ferdinando IV aveva una vera passione, tanto da chiamare grandi pittori per immortalare i suoi amici a quattro zampe.” Alla Reggia di Caserta, per fare un esempio, ci sono i ritratti delle amatissime Malacera e Diana, e nel gruppo scultoreo della fontana di Diana e Atteone sono immortalati questi due cani assieme a nove mastini napoletani.
Tornado ai vitigni, il Casavecchia prende il nome dal rudere di una villa romana di Pontelatone dove fu ritrovato, unico superstite alla filossera. Secondo alcune versioni, potrebbe essere il vino che Plinio il Vecchio descrive nella sua Naturalis Historia riferendosi a quello prodotto nel casertano, proprio vicino Pontelatone: “Il vino ottenuto è straordinario, longevo. Ho aperto delle bottiglie del 2008 e il prodotto era “terribilmente” giovane. Il Casavecchia si presta al lungo invecchiamento e solo il tempo e gli assaggi ci daranno maggiori informazioni su questa evoluzione. Con quest’uva produciamo l’omonimo Casavecchia e il Cretaccio – un grande rosso affinato in barrique di rovere per 15-16 mesi e per un ulteriore anno in bottiglia – che prende il nome dal terreno argilloso dove crescono le piante.”
“Il Pallagrello – continua l’avvocato – è tra i pochi vitigni a bacca nera e bianca e le sue origini dovrebbero essere greche. È stato battezzato così per via degli acini piccoli e perfettamente sferici: in dialetto “U Pallarel” significa piccola palla. Il bianco si raccoglie a metà settembre, il nero si vendemmia tardivamente tra fine ottobre e inizio novembre: entrambi i vini ottenuti sono profumati e persistenti.” Ad aziende come Vigne Chigi va riconosciuto il coraggio di aver riscoperto e rilanciato questa nobile decaduta che, falcidiata dalla filossera, perse prestigio per essere usata come uva da taglio per l’Aglianico.
Infine, un abbinamento senza andare troppo lontano. L’avvocato Chillemi, sfogliando il Dizionario Geografico Ragionato del Regno di Napoli pubblicato nel 1797, grazie alle descrizioni di Vincenzo Giustiniani ha recuperato – registrando il marchio – il formaggio Capotempo di Capua, sottraendolo a un oblio di quasi due secoli.
Che dire? Vigne Chigi è un’azienda fortemente legata al territorio e propone prodotti della tradizione. A volte il futuro è nel nostro passato.