Dal vino dell’antica Roma al Caffè del Marinaio

Dal vino trasportato dagli antichi romani, a volte consumato a bordo per scaldarsi, a un “caffè del marinaio”. Come è stata possibile questa trasformazione di abitudini attraverso secoli di navigazione?

Il merito è di un’intuizione di Cristano Troli e Luca Pacifici, due agenti di commercio di San Benedetto del Tronto, che hanno trasformato un’usanza marinara locale in un business a gradazione alcolica.

Andiamo con ordine. Anticamente, il vino veniva venduto dai romani che, non potendolo sempre trasportare via terra, avevano disegnato delle rotte specifiche per arrivare via mare nei mercati più lontani, dalle “vicine” Francia e Spagna fino all’Inghilterra. Nelle notti fredde, nacque l’abitudine di scaldarsi con alcuni bicchieri di vino, un prodotto molto lontano da quello che conosciamo oggi: era aromatizzato con spezie (i conservanti di una volta) per renderlo più longevo e chiuso in orci sigillati con resine per evitare che si ossidasse. Inoltre, era così denso che andava diluito in acqua per essere consumato.

Col tempo, l’abitudine di consumare vino fu sostituita da quella di bere bevande a base di rum che, oltre ad avere il compito di scaldare, servivano ai marinai come “distrazione”. Nel 1740, il Vice Ammiraglio Edward Vernon ebbe l’intuizione di creare il Grog, una miscela di rum – molto apprezzato dagli equipaggi ma causa di risse da sbronze – limone (utile per evitare lo scorbuto) e acqua presa dai barili nei quali si formavano alghe durante i lunghi viaggi. Col tempo, questa bevanda ha vissuto diverse evoluzioni, fino ad arrivare al “caffè del marinaio”, un mix di caffè ed alcolici che veniva preparato a bordo delle barche per trovare un po’ di sollievo dal freddo e che ha avuto una delle sue incarnazioni più conosciute nelle Marche.

Negli anni Settanta – spiega Cristano Trolii marinai della nostra regione che restavano in mare per lungo tempo presero l’abitudine di accompagnare i fine pasto con caffè preparato con la moka, allungato con liquori all’anice, tipici del nostro territorio, per renderlo più piacevole ma soprattutto per scaldarsi nelle notti più fredde.

La ricetta originale era un mix di caffè, rum e anice, variabile a seconda dei gusti di chi lo preparava – continua Troli – Noi abbiamo codificato una vera e propria ricetta. Il caffè è composto al 55% da arabica e al 45% da robusta, un equilibrio di aroma e caffeina, con aggiunta di rum, anice e spezie che lo rendono alcolico ma non eccessivamente dolce. Tradizionalmente era consumato caldo, poi, vista la sua versatilità, è stato impiegato come guarnizione per gelati e dolci; molti ristoratori hanno iniziato a usarlo per preparare una variante del tiramisù. Così, è nato il consumo freddo ma vietato il ghiaccio perché modificherebbe il sapore. Attualmente produciamo 50mila bottiglie, vendute principalmente a Natale e in estate.”

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