Riviera, il nuovo rosato in stile Jako Wine
Cambio di stile nella forma, a partire dall’inconsueta bottiglia renana in vetro bianco, ma di sicuro non nella sostanza, per l’ultimo nato in casa Jako Wine, la cantina veronese guidata da Luca Berti e raccontata da oscarwine in un precedente articolo.
Riviera, questo il nome della nuova creatura dell’enologo Lorenzo Dionisi, per la prima volta non presenta in etichetta l’ormai iconico flamingo dell’azienda di Sommacampagna, ma una riproduzione della Nike di Samotracia, il busto alato simbolo della vittoria. Forse un augurio di successo? Staremo a vedere: le premesse ci sono tutte.
La sostanza dicevamo, è invece perfettamente in linea con la filosofia aziendale: un vino “facile” ma per nulla banale, contraddistinto dai due punti cardine dello “stile Jako”, qualità e bevibilità. Se al naso si presenta come ci si potrebbe aspettare, potente e avvolgente, con i tipici profumi di frutti rossi che lasciano poi spazio a sentori di polpa di frutta matura, è in bocca che Riviera sorprende. Equilibrato e persistente a un primo approccio, conclude con una piacevole e inaspettata sapidità, che chiama con insistenza un secondo assaggio. Perfetto per il classico aperitivo durante la bella stagione, ha il giusto carattere per accompagnare anche primi piatti non troppo impegnativi, pesci e crostacei.
Con l’enologo Lorenzo Dionisi siamo entrati nei dettagli del processo di creazione di Riviera: “L’idea era quella di fare un rosato che si discostasse dalla tradizione del Chiaretto delle nostre zone, quindi un vino in stile Jako, diverso nel colore ma anche nella struttura e nell’impressione della beva. Un prodotto tipicamente estivo, ma che potesse avere un’idea di consumo anche d’inverno. Abbiamo deciso quindi di unire a corvina e rondinella (entrambe intorno al 40%) anche il marzemino, un vitigno non così comune per la la produzione dei rosati. L’idea di fondo era quella di lavorare con molta attenzione in campagna e durante la pigiatura per evitare al massimo le ossidazioni e mantenere il frutto. Grande cura è stata riservata anche alla macerazione, piuttosto breve per limitare l’estrazione ed ottenere questo colore scarico, tipo petalo di rosa.”
“Dopo la pressatura in riduzione, abbiamo fatto una stabulazione lunga sulle fecce di mosto per una decina di giorni a bassa temperatura, con crioestrazione a livello di feccia fine. Una volta sospese le agitazioni è stata fatta una chiarifica statica e un innocuo di lieviti selezionati sul limpido, con fermentazione a temperatura controllata mai eccedente i 16°C. A fine fermentazione è seguita una refrigerazione, per separare il grosso del lievito, il travaso e il mantenimento delle fecce in sospensione per circa sei mesi, cercando di trovare il giusto equilibrio per arricchire gli aromi senza andare sulle note troppo grasse e pesanti. La solforosa è stata aggiunta in dosaggi minimi, anche per non caricare troppo il colore.”